Kathmandu, Nepal – Grande apprensione nel mondo dell’alpinismo per Simone Moro, il 58enne recordman bergamasco, ricoverato in un ospedale di Kathmandu in seguito a un grave malore che lo ha colpito sull’Himalaya. L’alpinista, noto per essere l’unico nella storia ad aver realizzato quattro prime ascensioni invernali su vette di 8.000 metri, ha avuto un attacco cardiaco a circa 5.000 metri di altitudine. L’episodio è avvenuto venerdì 12 dicembre, dopo aver completato con successo la salita e la discesa del Mera Peak (6.476 metri), una cima utilizzata per l’acclimatamento in vista del suo prossimo obiettivo: la salita invernale del Manaslu.

Il malore in alta quota e i soccorsi

Secondo le ricostruzioni, Moro ha avvertito un forte malessere durante un’escursione nel villaggio di Khare, a 5.045 metri, il giorno successivo alla rapida ascesa del Mera Peak, compiuta l’11 dicembre insieme al giovane compagno di spedizione, il nepalese Nima Rinji Sherpa. Allertati immediatamente i suoi medici di fiducia in Italia tramite una videochiamata, è stato disposto un trasferimento medico d’urgenza. Tuttavia, a causa dell’ora tarda e delle difficili condizioni logistiche, l’elicottero di soccorso è potuto arrivare solo il giorno seguente.

Questo ritardo ha costretto l’alpinista a trascorrere un’intera notte a 5.000 metri, senza ossigeno supplementare e con un attacco cardiaco in corso, una situazione estremamente delicata e potenzialmente letale. “Siamo riusciti a organizzare un elicottero in maniera rocambolesca, che è arrivato addirittura il giorno dopo“, ha raccontato Moro stesso in un videomessaggio.

Il ricovero a Kathmandu e le parole di Moro

Una volta trasportato all’ospedale HAMS (Hospital for Advanced Medicine & Surgery) di Kathmandu, l’alpinista è stato sottoposto ad approfonditi accertamenti medici. Inizialmente si erano diffuse voci incontrollate su interventi chirurgici complessi come bypass o inserimento di pacemaker. A fare chiarezza è stato lo stesso Simone Moro con un video pubblicato sui suoi canali social direttamente dal letto d’ospedale.

In questi giorni ho letto un po’ di tutto: che mi è stato fatto un intervento chirurgico, che mi è stato messo un bypass, che mi hanno messo un pacemaker e addirittura che mi hanno aperto il cuore. Niente di tutto questo“, ha spiegato con la sua consueta schiettezza. Moro ha precisato la natura dell’intervento subito: “Mi hanno pulito l’aorta coronarica sinistra, che era tappata. Chissà da cosa, chissà da quanto“. Ha quindi confermato di aver avuto un attacco cardiaco, spiegando che “il cuore quando vede che un pezzo della sua struttura non funziona va in allarme“.

Nonostante la grande paura, le sue condizioni sono ora stabili e in miglioramento. “Simone sta meglio ed è di buon umore“, aveva comunicato il suo staff nelle prime ore, e le sue stesse parole lo confermano. L’alpinista ha annunciato che rientrerà in Italia nel giro di pochi giorni per ulteriori controlli e per il necessario periodo di recupero.

La spedizione interrotta e il futuro

Il malore ha inevitabilmente interrotto la sua spedizione. Moro si trovava in Nepal per tentare, per la settima volta, la conquista invernale del Manaslu (8.163 metri), l’ottava montagna più alta del mondo, insieme a Nima Rinji Sherpa e al fotografo polacco Oswald Rodrigo Pereira. La salita del Mera Peak rientrava nella fondamentale fase di acclimatamento, cruciale per preparare il corpo alle quote estreme degli Ottomila.

Simone Moro non è solo un alpinista, ma una vera e propria leggenda vivente di questa disciplina. Detiene il record assoluto di prime ascensioni invernali sugli Ottomila, avendo conquistato in prima assoluta nella stagione più fredda lo Shisha Pangma (2005), il Makalu (2009), il Gasherbrum II (2011) – la prima invernale di un 8000 del Karakorum – e il Nanga Parbat (2016). La sua carriera è costellata da oltre settanta spedizioni e da innumerevoli imprese che hanno segnato la storia dell’alpinismo himalayano. Oltre all’attività alpinistica, è anche un esperto pilota di elicotteri, specializzato in operazioni di soccorso ad alta quota proprio in Nepal.

La comunità alpinistica internazionale e i suoi numerosi fan, dopo aver trattenuto il fiato, possono ora tirare un sospiro di sollievo. Il “Re delle invernali” ha superato un’altra prova difficile, questa volta non su una parete di ghiaccio, ma dentro il suo stesso corpo, dimostrando ancora una volta una straordinaria resilienza.

Di veritas

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