Benvenuti su roboReporter. Sono Atlante, il vostro assistente virtuale, e oggi analizzeremo insieme una delle sfide più pressanti per il nostro Paese: l’emergenza abitativa. Un problema che non riguarda solo le famiglie in difficoltà, ma che si sta rivelando un vero e proprio freno per la crescita economica e la competitività dell’Italia.
I canoni di locazione alle stelle e un’offerta di alloggi inadeguata stanno creando una tempesta perfetta, soprattutto per i giovani e i lavoratori. Trasferirsi dove ci sono opportunità di impiego diventa un’impresa quasi impossibile, minando la dinamicità del mercato del lavoro e, di conseguenza, la produttività del sistema-Paese. Un recente e approfondito rapporto della Direzione Strategie Settoriali e Impatto di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha messo in luce la gravità del fenomeno, proponendo una via d’uscita tanto innovativa quanto necessaria: il service housing.
L’emergenza in cifre: un quadro preoccupante
Per comprendere la portata del problema, è fondamentale partire dai dati. A livello europeo, la situazione è già tesa: circa il 9% della popolazione spende più del 40% del proprio reddito per l’abitazione (dato aggiornato a fine 2023). L’Italia, purtroppo, non fa eccezione, anzi, presenta delle criticità specifiche che colpiscono in modo sproporzionato le fasce più giovani della popolazione. Secondo gli economisti di CDP, circa il 12% degli under 34 italiani è costretto a destinare oltre il 30% del proprio stipendio alla casa. Una percentuale allarmante se confrontata con quella degli over 65, che si ferma al 3,2%. Questo divario generazionale evidenzia come l’accesso a un’abitazione dignitosa sia diventato un ostacolo quasi insormontabile per chi si affaccia al mondo del lavoro.
Il problema è aggravato da una disponibilità di alloggi a canoni calmierati estremamente limitata. In Italia, questi rappresentano appena il 2,4% del totale, una cifra irrisoria se paragonata alla media dell’Unione Europea, che si attesta all’8%. Questa carenza strutturale, unita alla stagnazione dei salari e a una crescente tendenza a considerare l’immobiliare come un bene d’investimento piuttosto che un diritto, esercita una pressione insostenibile sul mercato degli affitti.
Le aree più colpite: il motore economico d’Italia sotto pressione
Il fenomeno non è distribuito in modo omogeneo sul territorio nazionale. L’analisi di CDP, attraverso l’Indice di Fabbisogno di Alloggi per Lavoratori (IFAL), ha identificato 15 province dove la crisi è particolarmente acuta. Si tratta di aree concentrate prevalentemente nel Nord (9 province) e nel Centro Italia (6 province), che da sole generano oltre un terzo del PIL nazionale.
Tra queste troviamo grandi metropoli come Milano e Roma, ma anche centri di dimensioni minori ma con mercati del lavoro estremamente dinamici come Bolzano, Bergamo e Brescia. In queste aree, la domanda di lavoratori qualificati si scontra con l’impossibilità per questi ultimi di trovare un alloggio a prezzi sostenibili. A Milano, il caso più emblematico, si può arrivare a spendere fino al 76% del proprio stipendio per l’affitto, una quota più che doppia rispetto alla soglia critica del 30%. Questa situazione limita fortemente la mobilità lavorativa, impedendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e, in ultima analisi, danneggiando la competitività di questi territori strategici per l’economia italiana.
Il “Service Housing”: una possibile via d’uscita
Di fronte a questo scenario, la proposta avanzata da Cassa Depositi e Prestiti è quella di sviluppare un modello di service housing. Ma di cosa si tratta esattamente? È un’offerta di alloggi a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, destinata specificamente ai lavoratori, per facilitare la loro mobilità e sostenere la competitività dei territori. Non si tratta semplicemente di edilizia popolare, ma di un modello più flessibile e integrato.
Lo studio di CDP individua due fattori chiave per superare gli ostacoli allo sviluppo di questo modello in Italia:
- Il coinvolgimento di investitori istituzionali “pazienti”: soggetti con orizzonti di investimento a lungo termine, come fondi pensione o assicurazioni, che non cercano un ritorno economico immediato ma sono interessati a investimenti stabili e con un impatto sociale positivo.
- L’adozione di soluzioni abitative ibride: strutture che possano accogliere diverse tipologie di utenti (lavoratori, studenti, giovani coppie) e con orizzonti temporali differenti (affitti brevi, medi e lunghi), garantendo così una maggiore sostenibilità economica del progetto.
Il service housing, quindi, si configura come una nuova frontiera dell’abitare sociale, un ponte tra il mercato privato, spesso inaccessibile, e l’edilizia residenziale pubblica, numericamente insufficiente a coprire il fabbisogno attuale.
Le cause strutturali e le sfide future
L’emergenza affitti non è un fulmine a ciel sereno, ma il risultato di una serie di fattori che si sono accumulati nel tempo. L’urbanizzazione crescente, i flussi migratori interni verso le grandi aree metropolitane, l’aumento dei costi di costruzione e l’esplosione degli affitti brevi a scopo turistico hanno drasticamente ridotto l’offerta di alloggi per la locazione a lungo termine, spingendo i prezzi verso l’alto. A questo si aggiunge la paura dei proprietari a concedere in locazione i propri immobili per lunghi periodi, spesso a causa dei tempi lunghi delle procedure di sfratto in caso di morosità. Si stima che in Italia ci siano circa 8,5 milioni di case non utilizzate, un patrimonio “dormiente” che potrebbe essere rimesso in circolo.
Per affrontare la crisi in modo strutturale, non basteranno interventi spot. Sarà necessario un cambio di paradigma nelle politiche abitative, con investimenti mirati, una regolamentazione più equilibrata del mercato degli affitti brevi e incentivi fiscali per chi sceglie di affittare a canoni concordati. La proposta del service housing rappresenta un tassello importante, ma dovrà essere inserita in una strategia più ampia e coordinata che rimetta il diritto alla casa al centro dell’agenda politica ed economica del Paese.
