In un’epoca in cui i diritti delle donne sono costantemente messi in discussione e il dibattito sulla maternità si fa sempre più polarizzato, emerge un’opera capace di affrontare l’argomento con uno sguardo nuovo, lieve e a tratti umoristico. Si tratta di “Tua Madre”, il documentario firmato dal giovane regista Leonardo Malaguti e impreziosito dalla produzione esecutiva della cineasta Wilma Labate. Il film, prodotto dalla neonata casa di produzione Exa di Umberto Maria Angrisani e Giovanni Toni, sta attraversando l’Italia in un tour di proiezioni, portando con sé un messaggio di riflessione serena su un tema considerato sacro.
L’intento, come spiegato dalla stessa Labate, è quello di “accostarsi anche con uno sguardo soffice a un tema che ha una sua sacralità”, per permettere una riflessione “più calma, più serena”. Un approccio che si rivela non solo originale ma anche necessario, in un contesto sociale e politico che la regista definisce “veramente mostruoso”. “Sono terrorizzata per questo,” afferma Labate, “Si sta rimettendo in discussione tutto della democrazia, è come se si volesse ritornare al passato”. Un passato che, in Italia, vedeva ancora in vigore il delitto d’onore fino al 1981, un ricordo che sottolinea la fragilità delle conquiste ottenute.
Un viaggio tra finzione e realtà
“Tua Madre” si struttura come un ibrido tra finzione e documentario. Il filo conduttore è la storia di Dania (interpretata dalla stand-up comedian e sceneggiatrice Dania Rendano), una cineasta di 25 anni che scopre di essere incinta. Travolta dall’incertezza, Dania decide di trasformare il suo dilemma personale in un progetto cinematografico, un viaggio alla ricerca di risposte. Questo espediente narrativo apre le porte a un mosaico di testimonianze reali, un coro di voci femminili che raccontano la maternità da prospettive diverse e talvolta opposte.
Il documentario non si limita a porre domande, ma espone esperienze differenti senza giudicare, lasciando allo spettatore la libertà di formare la propria opinione. La narrazione si muove attraverso luoghi comuni e imposizioni morali, esplorando le complessità e le difficoltà di avere un figlio oggi, così come quelle che si affrontano scegliendo di non averlo. Il tono, leggero e ironico, permette di affrontare argomenti tabù legati al corpo e alla libertà femminile senza la pressione di una realtà opprimente.
Un prisma di voci femminili
Il viaggio di Dania la porta a incontrare donne con storie, età e visioni del mondo differenti. Tra queste spiccano figure di rilievo nel dibattito pubblico e testimonianze intime e toccanti.
- Eugenia Roccella: La Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia affronta, in un dialogo con la protagonista, il tema dell’aborto, affermando di restare “fedele a un pensiero delle donne che lo considerava un problematico elemento di libertà”. Wilma Labate commenta questo incontro sottolineando la natura non conflittuale del dialogo nel film, pur esprimendo la sua opinione critica sulla politica della ministra, definendola “una donna contro le donne”.
- Silvana Agatone: Voce dell’Associazione di ginecologi non obiettori ospedalieri, la sua testimonianza mette in luce le difficoltà concrete che le donne affrontano in un Paese con un alto numero di medici obiettori di coscienza, sottolineando l’importanza di “mettersi in rete per aiutarsi e tutelare le donne”.
- Sabina Galiena: Madre di nove figli, offre una prospettiva sulla maternità come scelta totalizzante, ma anche come espressione di uno “stile” personale. Sottolinea come l’istinto materno possa esistere anche senza tradursi necessariamente in una gravidanza.
- Dario Tramacere: La sua storia, una delle più toccanti per la stessa Labate, è quella di un uomo transgender diventato madre prima della sua transizione. Il suo racconto esplora una forma di genitorialità non convenzionale e l’amore incondizionato di un figlio.
- Simonetta Sciandivasci: La giornalista, autrice del libro “I figli che non voglio”, interviene nel film portando la sua esperienza e una riflessione sulla non-maternità come scelta consapevole e serena.
A queste si aggiungono le voci di avvocate, attiviste, psicologhe e delle amiche stesse di Dania, i cui dialoghi rivelano quanto il tema della maternità sia ancora un nodo carico di significati sociali e personali.
Una riflessione sul patriarcato e sui diritti a rischio
“Tua Madre” non è solo un’indagine sulla maternità, ma anche una potente riflessione sulla condizione della donna nella società italiana contemporanea. La regista Wilma Labate non esita a denunciare la forza persistente del patriarcato, evidenziata dal tragico dato di quasi un femminicidio al giorno. “Molti vorrebbero ancora un governo assoluto degli uomini sulle donne,” dichiara, “ma siccome ci sottraiamo sempre di più, loro non ci vogliono stare.”
Il documentario emerge in un momento storico di grande preoccupazione per i diritti acquisiti, come il divorzio e l’aborto. La speranza vissuta negli anni passati sembra oggi un’illusione minacciata da un desiderio di regressione. In questo contesto, il film diventa un atto politico, un invito a non dare per scontate le libertà conquistate e a sostenere le giovani generazioni che scendono in piazza per difenderle. È un’opera che, pur nella sua leggerezza, lancia un allarme e stimola una presa di coscienza collettiva, sottolineando come la scelta di essere o non essere madre sia profondamente intrecciata con questioni economiche, di salute mentale e di stabilità affettiva che toccano le nuove generazioni.
Con un linguaggio che unisce l’indagine giornalistica alla leggerezza dei montaggi social e all’umorismo da stand-up comedy, “Tua Madre” si rivela un’opera stratificata e necessaria, capace di parlare a un pubblico vasto e di innescare un dialogo fondamentale sul futuro della nostra società.
