Una tragedia sfiorata che lascia una comunità sotto shock e solleva interrogativi profondi sul disagio sociale e la salute mentale. A Ciriè, comune della cintura di Torino, una donna di 38 anni è stata arrestata e trasferita nel carcere di Torino con la pesante accusa di tentato omicidio. La procura di Ivrea, che inizialmente indagava per tentato infanticidio, ha modificato il capo d’accusa ritenendo non sussistenti le condizioni di abbandono materiale e morale previste per tale reato. La donna, lunedì 24 novembre, ha partorito in casa, nel bagno della sua abitazione, per poi abbandonare la neonata con la testa parzialmente immersa nell’acqua del water.

La scoperta e i soccorsi

A trovare la piccola e a dare l’allarme è stato lo zio della donna, nonché fratello della neo-mamma, rientrando nell’appartamento che condividevano con la madre. L’uomo si è trovato di fronte a una scena agghiacciante: la sorella in stato confusionale e sanguinante, il bagno sporco di sangue e la neonata nel wc. Senza perdere un istante, ha allertato il 112. L’intervento tempestivo del personale del 118 è stato cruciale: gli operatori sono riusciti a rianimare la bambina, che sarebbe rimasta senza ossigeno per un tempo prolungato, stimato in circa venti minuti. Dopo le prime cure sul posto, la neonata è stata trasportata d’urgenza prima all’ospedale di Ciriè e successivamente trasferita nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’ospedale Maria Vittoria di Torino, dove si trova tuttora ricoverata in condizioni definite estremamente gravi. I medici sono molto preoccupati per i possibili danni cerebrali irreversibili.

La versione della madre e le indagini

La 38enne, che ha problemi di tossicodipendenza ed è già seguita dai servizi sociali e psichiatrici, ha fornito agli inquirenti una versione dei fatti che non convince. Ha dichiarato di non essersi mai resa conto di essere incinta e di essere stata presa dal panico al momento del parto, avvenuto prematuramente al settimo mese di gestazione. Secondo alcune ricostruzioni, la donna avrebbe partorito sotto l’effetto di crack. Questa spiegazione è stata giudicata “poco attendibile” dai carabinieri che, coordinati dalla procura di Ivrea, stanno cercando di ricostruire l’esatta dinamica degli eventi. Anche i familiari hanno dichiarato di essere stati all’oscuro della gravidanza. Gli investigatori stanno ora approfondendo ogni aspetto della vicenda, compreso lo stato di salute mentale della donna, per chiarire se vi fosse l’intenzione di uccidere.

Il contesto di fragilità

La vicenda si inserisce in un contesto di evidente fragilità e disagio. La donna, descritta come conducente di una vita “piuttosto sregolata”, era tornata da alcuni mesi a vivere nella casa di famiglia con la madre e il fratello. Era già nota ai servizi socio-sanitari per le sue problematiche, che includono la tossicodipendenza e fragilità psichiche. Questo drammatico evento accende i riflettori sulla necessità di una rete di supporto più efficace per le persone che vivono in condizioni di grave vulnerabilità, per prevenire che simili tragedie possano ripetersi.

Di veritas

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