L’AQUILA – Il silenzio ovattato delle aule di giustizia digitali contrasta con il clamore mediatico che da settimane avvolge la vicenda della cosiddetta “famiglia nel bosco”. La Corte d’Appello dell’Aquila si è riservata la decisione in merito al reclamo presentato contro la sospensione della responsabilità genitoriale di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham, la coppia anglo-australiana che viveva in un casolare isolato a Palmoli, in provincia di Chieti. I giudici avranno tempo fino al 27 gennaio per pronunciarsi, un termine che lascia la famiglia e l’opinione pubblica con il fiato sospeso.

L’udienza, svoltasi in modalità telematica, è stata prettamente documentale. Sul tavolo dei magistrati sono pervenute le memorie difensive degli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, subentrati nella difesa della coppia, insieme alle relazioni della curatrice e della tutrice dei minori. Una mole di carte che racchiude il destino di tre bambini di sei e otto anni, trasferiti il 20 novembre scorso in una casa-famiglia a Vasto insieme alla madre, in esecuzione di un’ordinanza del Tribunale per i minorenni dell’Aquila.

Le ragioni del provvedimento e i punti del reclamo

La decisione del Tribunale per i minorenni, datata 13 novembre, era scaturita da una serie di valutazioni riguardanti le condizioni di vita dei bambini. Secondo i giudici, i minori vivevano in una situazione abitativa ritenuta “disagevole ed insalubre” – un rudere senza corrente elettrica, gas e servizi sanitari adeguati – e in un contesto che non avrebbe garantito un corretto sviluppo delle capacità relazionali, data la mancata frequentazione della scuola. A pesare sulla decisione anche le preoccupazioni per la tutela della loro salute, con presunte inadempienze sul fronte delle visite pediatriche e delle vaccinazioni obbligatorie.

La difesa della coppia, tuttavia, contesta punto per punto le motivazioni dell’ordinanza. Nel reclamo presentato alla Corte d’Appello, gli avvocati Femminella e Solinas sostengono che mancassero i criteri di emergenza, eccezionalità e interesse del minore che potessero giustificare un provvedimento così drastico come l’allontanamento. Secondo i legali, esistevano soluzioni alternative e meno traumatiche. Tra i punti chiave della difesa figurano:

  • Istruzione: I legali affermano che l’istruzione parentale, garantita dalla Costituzione, non è stata omessa. Per la figlia in età scolare, i genitori avevano regolarmente richiesto e ottenuto l’ammissione all’esame di idoneità presso una scuola statale, documentazione acquisita solo dopo l’emissione dell’ordinanza.
  • Socializzazione: Viene contestata la presunta “deprivazione relazionale” dei minori, sostenendo che non sia stata adeguatamente accertata e citando testimonianze e servizi giornalistici che mostrerebbero i bambini giocare regolarmente con i coetanei a Palmoli.
  • Condizioni abitative: La difesa ha evidenziato la disponibilità dei genitori a migliorare le condizioni del casolare e la presenza di offerte di alloggi alternativi, come quella del sindaco di Palmoli, in attesa dei lavori di ristrutturazione.
  • Assistenza linguistica: Un altro punto sollevato riguarda la presunta violazione del diritto all’assistenza linguistica durante le fasi precedenti del procedimento, che avrebbe inciso sulla piena comprensione degli atti da parte dei genitori.
  • Ascolto dei minori: La difesa lamenta che l’ascolto dei bambini, previsto dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, sia stato disatteso o insufficiente.

Una vicenda dal forte impatto mediatico e politico

Il caso della “famiglia nel bosco” ha rapidamente superato i confini della cronaca locale, trasformandosi in un dibattito nazionale che ha coinvolto politica e istituzioni. Interventi come quello del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha auspicato una decisione prima di Natale, e del vicepremier Matteo Salvini, hanno acceso i riflettori sulla vicenda, talvolta polarizzando il dibattito. La sovraesposizione mediatica dei minori è stata fonte di preoccupazione per la Garante dell’infanzia e dell’Adolescenza della Regione Abruzzo, che ha richiamato alla necessità di tutelare la loro riservatezza.

La vicenda ha assunto anche una dimensione internazionale, con il coinvolgimento della vice console australiana, che ha fatto visita alla madre e ai bambini nella struttura di Vasto. La famiglia, secondo indiscrezioni, starebbe valutando di lasciare l’Italia.

L’attesa della decisione

Mentre i due procedimenti giudiziari, quello per la revoca dell’ordinanza davanti al Tribunale e il reclamo in Appello, corrono su binari paralleli, la vita dei tre bambini resta sospesa. Le relazioni dei servizi sociali descrivono un primo periodo di smarrimento seguito da un graduale adattamento alla nuova realtà nella casa-famiglia. La tutrice e la curatrice dei minori, pur riconoscendo i passi avanti fatti dai genitori, ritengono che la valutazione sul ricongiungimento spetti ai giudici di primo grado, che possono analizzare la situazione attuale e non quella passata.

La Corte d’Appello dell’Aquila è ora chiamata a un delicato bilanciamento: da un lato, il diritto di una famiglia a perseguire un modello di vita alternativo, in armonia con la natura; dall’altro, il dovere dello Stato di garantire che i diritti fondamentali dei minori alla salute, all’istruzione e a una sana crescita relazionale siano pienamente tutelati. La decisione, attesa entro la fine di gennaio, scriverà un capitolo cruciale non solo per il futuro di Nathan, Catherine e i loro figli, ma anche per il dibattito pubblico sul ruolo delle istituzioni nelle scelte familiari.

Di veritas

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