Una condanna a 6 anni e 8 mesi di reclusione per violenza sessuale aggravata. Questa la sentenza emessa dalla Gup del Tribunale di Trieste, Flavia Mangiante, nei confronti di Calogero Russo, 52 anni, ex allenatore di calcio di squadre giovanili. La condanna riguarda abusi perpetrati ai danni di 14 ragazzi, tutti minorenni all’epoca dei fatti, avvenuti tra il 2019 e il 2020. La decisione del giudice ha accolto la richiesta della pm Cristina Bacer, ma ha suscitato l’immediata e forte protesta delle famiglie delle vittime presenti in aula, che si aspettavano una pena significativamente più severa.
La vicenda giudiziaria e le accuse
Il caso era emerso nel gennaio del 2021, quando le indagini coordinate dalla pm Lucia Baldovin portarono all’arresto dell’ex allenatore da parte della Squadra Mobile di Trieste. Le accuse, pesantissime, descrivevano un quadro di abusi sistematici avvenuti in contesti legati all’attività sportiva. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le violenze si sarebbero consumate in diversi luoghi: dagli spogliatoi alle docce, dal bordo del campo da gioco fino all’automobile dell’allenatore, usata per riaccompagnare a casa i giovani atleti. In alcuni casi, si sarebbero verificati episodi anche durante un ritiro sportivo in Slovenia e attraverso messaggi ambigui inviati sui telefoni dei ragazzi.
Data la giovane età delle vittime, di età compresa tra i 12 e i 13 anni, le loro testimonianze sono state raccolte in modalità protetta, con l’assistenza di psicologi specializzati, sia durante gli interrogatori con la Polizia che con i magistrati. A seguito delle indagini, ben tredici famiglie hanno deciso di costituirsi parte civile nel processo.
Un percorso processuale complesso
Quello appena concluso è il secondo processo a carico di Russo. Un primo giudizio si era infatti concluso con una condanna ben più pesante, a dieci anni di reclusione. Tuttavia, tale sentenza era stata annullata in Appello per un vizio procedurale, che aveva costretto a rinviare gli atti alla Procura e a iniziare un nuovo procedimento. Il processo attuale si è svolto con il rito abbreviato, una scelta che, per legge, prevede uno sconto di pena pari a un terzo.
I risarcimenti e la reazione della difesa
Oltre alla pena detentiva, la giudice Mangiante ha stabilito delle misure risarcitorie. La società sportiva, per la quale Russo lavorava all’epoca dei fatti, riceverà un risarcimento di 35 mila euro. Per le famiglie delle vittime, invece, è stata disposta una provvisionale, ovvero un anticipo sul risarcimento, di importo variabile tra i 3.000 e i 10.000 euro, rimandando alla sede civile la quantificazione definitiva del danno.
La difesa dell’ex allenatore, rappresentata dall’avvocato Di Lullo, ha già annunciato l’intenzione di presentare appello contro la sentenza. La linea difensiva sostiene che non vi siano riscontri oggettivi alle accuse mosse dai ragazzi, ipotizzando un possibile “suggestionamento” tra i giovani atleti e i loro genitori.
La delusione delle famiglie
La reazione più forte alla lettura della sentenza è stata quella delle famiglie dei quattordici ragazzi. La loro delusione e rabbia sono state evidenti in aula. “Troppo poco per quello che ha fatto“, è stato il commento a caldo riportato da diverse testate giornalistiche, una frase che riassume il sentimento di ingiustizia percepito da chi ha vissuto in prima persona le conseguenze di questa drammatica vicenda. La protesta sottolinea una ferita ancora aperta e la difficoltà di trovare un senso di giustizia di fronte a reati così gravi che coinvolgono la fiducia e l’integrità dei più giovani.
