Un primo posto amaro
Il Partito Democratico ha ottenuto il primo posto alle elezioni regionali in Liguria, superando Fratelli d’Italia con un risultato di lista che ha visto il Pd raddoppiare i voti del partito di Giorgia Meloni. Ma la gioia per questo successo è stata offuscata dalla sconfitta complessiva della coalizione di centrosinistra, con il candidato del Pd che non è riuscito a conquistare la presidenza della Regione. Questo risultato ha innescato un’ondata di polemiche interne, con accuse di veti e la necessità di un’azione unitaria per il futuro.
Alessandro Alfieri, membro della segreteria nazionale del Pd, ha puntato il dito contro i “veti” della coalizione, definendo “un errore politico” l’aver dovuto “scegliere tra il 6% di Conte e il 2% di Renzi”. Il no a Italia Viva è stato percepito come “un no alla parte centrista della coalizione”.
La segretaria Elly Schlein, invece, si è concentrata sulle prossime sfide in Emilia Romagna e Umbria, sottolineando che le polemiche non pagano e che i numeri ottenuti dal Pd dimostrano che la strada “unitaria” è quella giusta. Dopo il 18 novembre, Schlein sarà chiamata a un chiarimento politico, anche con gli alleati, per perimetrare il fronte progressista.
Anche Stefano Bonaccini, presidente del Pd ed ex governatore dell’Emilia Romagna, ha esortato a “riflettere (e agire) per fare un passo avanti risolutivo nella costruzione di un centrosinistra nuovo, capace di vincere”. Debora Serracchiani, ex governatrice, ha affermato che “l’interdizione non è più un’opzione accettabile e qualcosa va rivisto nel rapporto con un mondo di cosiddetti moderati”.
Diverse voci all’interno del Pd hanno lamentato la resa ai veti del Movimento 5 Stelle e sottolineato la necessità di una leadership “più forte” che sappia imporre delle scelte.
Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha evidenziato che “un M5S sotto il 5% conferma che non ci si può appiattire su un Movimento che sta cercando un’identità e un principio di sopravvivenza. Ciò che palesemente è deficitario nel centrosinistra è la forza centrale”.
Dal Nazareno, sede del Pd, non è arrivata nessuna replica ufficiale. La sensazione, però, è che al M5S non si voglia rinunciare e che l’obiettivo resti ‘testardamente unitario’: tenere tutti insieme. Il dilemma è come.
Le accuse ad Andrea Orlando
Nel mare di ringraziamenti pubblici ad Andrea Orlando per lo sforzo profuso, non mancano i veleni sulla sua performance. Un’accusa che i suoi respingono al mittente, numeri alla mano: Orlando ha trascinato il partito al 28,47% a livello regionale, cui si aggiunge il 7% circa delle sue liste civiche, complessivamente “un terzo degli elettori”. Inoltre, “ha ottenuto oltre 13mila voti personali in più rispetto alle liste della sua coalizione”.
Semmai, come ha rimarcato a urne chiuse l’ex ministro, il problema è stato un altro: “Siamo stati un po’ una cavia qui in Liguria e questo ci ha penalizzato. Spero che in futuro non si ripeta questo schema per il format del centrosinistra” con “uno che dice all’ultima settimana ‘no tu no’, con quelli che vogliono marcare la presenza, quelli che vogliono distinguersi”.
Insomma, per le prossime sfide serve una traiettoria chiara sin dall’inizio. E la segretaria è sollecitata da più parti a tracciarla con fermezza.
Un futuro incerto
Le elezioni regionali in Liguria hanno evidenziato un problema di fondo nel centrosinistra italiano: la difficoltà di costruire un’alleanza unitaria e forte, capace di affrontare le sfide politiche del presente. Le accuse di veti e la mancanza di una leadership forte rischiano di minare la capacità del Pd di essere un punto di riferimento per il centrosinistra. La segretaria Schlein è chiamata a un compito arduo: ricompattare il partito e definire una strategia chiara per il futuro, tenendo conto delle diverse anime interne e delle esigenze degli alleati. La sfida è complessa, ma il futuro del Pd e del centrosinistra italiano dipende dalla capacità di Schlein di trovare una soluzione.