Lo Stretto di Taiwan è nuovamente teatro di altissima tensione. Per il secondo giorno consecutivo, la Cina ha condotto imponenti esercitazioni militari a fuoco vivo, lanciando razzi nelle acque circostanti l’isola che Pechino considera una “provincia ribelle”. L’operazione, battezzata con il nome in codice “Justice Mission 2025”, rappresenta una delle più significative dimostrazioni di forza degli ultimi anni e mira a simulare un blocco dei porti chiave di Taiwan e attacchi a obiettivi marittimi strategici.
La risposta di Taipei non si è fatta attendere. Il Ministero della Difesa taiwanese ha denunciato di aver rilevato nelle ultime 24 ore ben 130 aerei militari e 22 navi da guerra cinesi nell’area circostante l’isola. Si tratta del numero più elevato di velivoli registrato in un singolo giorno dal 15 ottobre 2024, un dato che evidenzia la portata e l’intensità delle manovre in corso. Di questi, ben 90 aerei avrebbero penetrato la zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan (ADIZ).
Una “Intimidazione Militare” nel Cuore dell’Indo-Pacifico
Le autorità di Taipei hanno definito le esercitazioni cinesi una “palese provocazione” e una “intimidazione militare” volta a minare la stabilità regionale e l’ordine internazionale. Il presidente taiwanese, Lai Ching-te, pur condannando fermamente le azioni di Pechino, ha assicurato che Taiwan “agirà responsabilmente, senza aggravare il conflitto o provocare controversie”. L’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) cinese, dal canto suo, ha affermato tramite il Comando del Teatro Orientale di aver condotto “esercitazioni di fuoco a lungo raggio nelle acque a nord dell’isola di Taiwan” e di aver “ottenuto gli effetti desiderati”.
Le manovre “Justice Mission 2025” coinvolgono simultaneamente esercito, marina, aviazione e forze missilistiche, in operazioni complesse che simulano scenari di accerchiamento e isolamento di aree chiave. L’obiettivo dichiarato da Pechino è quello di lanciare un “serio avvertimento” contro le “forze separatiste” di Taiwan e le “interferenze esterne”. Questa strategia, secondo gli analisti, rientra in un più ampio tentativo di normalizzare la presenza militare cinese intorno all’isola, modificando gradualmente lo status quo senza superare la soglia di un conflitto aperto.
Il Contesto Internazionale: Armi Americane e Moniti Giapponesi
Questa escalation di tensione non nasce dal nulla, ma si inserisce in un contesto geopolitico estremamente delicato. Le esercitazioni seguono infatti una massiccia vendita di armi a Taipei da parte degli Stati Uniti, il principale alleato e fornitore militare dell’isola. Di recente, l’amministrazione statunitense ha approvato un pacchetto del valore di circa 11 miliardi di dollari, che include sistemi missilistici avanzati come gli HIMARS e gli ATACMS, oltre a droni e obici semoventi. Questa fornitura, una delle più consistenti di sempre, ha lo scopo di potenziare le capacità di deterrenza di Taiwan.
Pechino ha reagito con veemenza, definendo la vendita di armi una violazione degli accordi diplomatici e un’azione che “spingerebbe lo Stretto di Taiwan in una pericolosa situazione di guerra imminente”. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha ribadito che qualsiasi tentativo di ostacolare la “riunificazione” è “destinato al fallimento”.
A complicare ulteriormente il quadro, si aggiungono le recenti dichiarazioni della premier giapponese Sanae Takaichi, secondo cui un attacco cinese a Taiwan potrebbe giustificare una risposta militare da parte di Tokyo, in base al principio della difesa collettiva. Queste parole hanno rotto la tradizionale “ambiguità strategica” del Giappone sulla questione, provocando l’ira di Pechino e aumentando la percezione di un accerchiamento strategico.
Implicazioni Economiche e Regionali
Le esercitazioni militari hanno avuto un impatto immediato anche sul traffico aereo e marittimo. L’amministrazione dell’aviazione civile taiwanese ha stimato che oltre 941 voli sono stati cancellati o deviati, con ripercussioni per più di 100.000 passeggeri. La simulazione di un blocco dei porti strategici di Keelung e Kaohsiung solleva inoltre gravi preoccupazioni per le rotte commerciali globali. Taiwan, infatti, è un nodo cruciale per l’economia mondiale, soprattutto per la sua posizione dominante nella produzione di semiconduttori avanzati. Un’interruzione delle catene di approvvigionamento avrebbe conseguenze devastanti a livello globale.
La comunità internazionale osserva con apprensione. La Corea del Sud ha lanciato un appello alla “pace e stabilità”, auspicando che le divergenze possano essere risolte attraverso il dialogo. Tuttavia, la strategia di pressione costante attuata da Pechino, unita al rafforzamento della cooperazione militare tra Taiwan, Stati Uniti e Giappone, delinea uno scenario di crescente instabilità, dove ogni mossa viene interpretata come un segnale e il rischio di un errore di calcolo aumenta giorno dopo giorno.
