Roma – La Commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera definitivo a un emendamento alla manovra finanziaria che sancisce un principio tanto discusso quanto simbolico: le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia “appartengono al Popolo Italiano”. L’approvazione, annunciata con enfasi dal senatore della Lega e relatore del provvedimento, Claudio Borghi, segna la conclusione di una battaglia politica decennale e introduce un punto fermo normativo su una questione da sempre avvolta in un’aura di ambiguità giuridica.

“È un momento molto importante, è una mia battaglia di 11 anni. Penso che sia una delle cose più importanti di questa manovra. Riaffermare il principio ci riporta nella normalità”, ha commentato a caldo Borghi, sottolineando come la norma metta in sicurezza il “tesoro degli Italiani” da possibili pretese di soggetti stranieri.

Un lungo percorso politico e il dialogo con la BCE

La norma, approvata dopo una lunga nottata di lavori sulla legge di bilancio, non nasce oggi. È il culmine di un percorso iniziato anni fa, portato avanti con insistenza soprattutto dalla Lega, che già nel 2018 aveva presentato un disegno di legge in merito, e da Fratelli d’Italia. Proprio un emendamento a prima firma del capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, ha costituito la base del testo finale.

Il cammino non è stato privo di ostacoli. La proposta iniziale aveva infatti sollevato i dubbi della Banca Centrale Europea, che aveva chiesto chiarimenti sulla finalità della disposizione, temendo potesse minare l’indipendenza della Banca d’Italia. Ciò ha richiesto un intenso dialogo tra il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e la presidente della BCE, Christine Lagarde, per arrivare a una formulazione di compromesso. Il testo finale, infatti, include ora un esplicito riferimento al rispetto del “Trattato sul funzionamento dell’Unione europea” (articoli 123, 127 e 130), a garanzia che l’autonomia di Bankitalia e gli obblighi europei non vengano intaccati.

Cosa sono le riserve auree e perché sono importanti

Ma di cosa parliamo esattamente? L’Italia, attraverso la Banca d’Italia, è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo Monetario Internazionale. Si tratta di un patrimonio immenso:

  • Quantità: 2.452 tonnellate di oro.
  • Composizione: Prevalentemente lingotti (oltre 95.000) e in minor parte monete.
  • Valore: Stimato oggi intorno ai 290 miliardi di euro.

Queste riserve non sono un mero accumulo di ricchezza, ma svolgono una funzione strategica fondamentale: rafforzano la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e nella moneta unica. Sono una garanzia di solvibilità per il Paese, accumulate nel corso di oltre 130 anni di storia, specialmente nel dopoguerra grazie ai surplus commerciali del miracolo economico italiano.

L’oro è custodito in diversi luoghi per una strategia di diversificazione e minimizzazione dei rischi: una parte si trova nei caveau di Palazzo Koch a Roma, ma la maggioranza è depositata presso altre banche centrali a New York (Fort Knox), Londra e Berna.

Cosa cambia concretamente con la nuova legge?

La domanda che molti si pongono è: quali sono gli effetti pratici di questa nuova norma? Nell’immediato, la risposta è: pochi o nessuno. La legge ha una valenza prevalentemente politica e di principio.

  1. Proprietà vs Gestione: La norma chiarisce in modo inequivocabile la titolarità delle riserve, attribuendola al “Popolo Italiano”. Tuttavia, la gestione e la custodia rimangono saldamente nelle mani della Banca d’Italia, che opera in autonomia e nel rispetto dei trattati europei.
  2. Inalienabilità: L’emendamento non apre alla possibilità per il governo di vendere l’oro per finanziare la spesa pubblica o ridurre il debito. La funzione delle riserve come garanzia di stabilità del sistema rimane invariata.
  3. Fine dell’ambiguità: Il principale effetto è quello di colmare un vuoto normativo. Finora, nessun testo specificava esplicitamente la proprietà dell’oro, limitandosi a definirne il gestore. Questa ambiguità aveva alimentato per anni un dibattito politico sulla possibilità che, essendo la Banca d’Italia partecipata da istituti privati (anche a controllo estero), anche le riserve auree potessero essere considerate, almeno in parte, private.

La nuova legge, quindi, mette un punto fermo, allineando l’Italia a quanto già previsto in altri grandi Paesi come Francia, Stati Uniti e Regno Unito, dove la proprietà statale delle riserve è chiaramente stabilita.

Le reazioni politiche

L’approvazione è stata accolta come una “vittoria storica” e un “motivo di grandissimo orgoglio” dagli esponenti della maggioranza. Sia Fratelli d’Italia che la Lega hanno rivendicato il risultato, parlando di una “battaglia di coerenza” per tutelare un patrimonio nazionale strategico da ogni rischio di speculazione o rivendicazione impropria. Dall’opposizione, invece, sono state espresse preoccupazioni riguardo al rischio di minare la credibilità internazionale del Paese e l’autonomia della Banca d’Italia, definendo la norma come una “misura-bandiera” dal sapore sovranista.

In conclusione, l’inserimento di questo principio nella legge di bilancio chiude un capitolo del dibattito politico-economico italiano. Se da un lato non avrà effetti materiali immediati sulle finanze pubbliche, dall’altro riafferma la sovranità nazionale su un asset fondamentale, ponendo fine a decenni di incertezze interpretative.

Di atlante

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