Un frammento di storia, strappato alla sua terra e a lungo conteso nell’ombra del mercato illegale, ritrova finalmente la sua legittima dimora. Con una cerimonia solenne tenutasi nel prestigioso Salone del Piovego di Palazzo Ducale a Venezia, dodici reperti archeologici di inestimabile valore sono stati ufficialmente riconsegnati allo Stato italiano. La loro destinazione finale è il Museo archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia, in Calabria, dove questi tesori saranno valorizzati e resi accessibili al pubblico, arricchendo il già cospicuo patrimonio dell’istituzione.

L’operazione, culmine di una complessa e meticolosa attività investigativa, porta la firma del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Venezia. I reperti sono stati individuati e recuperati in diverse località, tra cui un’abitazione privata e un palazzo storico nel capoluogo veneto e presso un antiquario a Torino. Questo successo rappresenta un nuovo, importante tassello nella quotidiana battaglia che le istituzioni conducono contro gli scavi clandestini e il traffico internazionale di opere d’arte, un fenomeno che depreda intere comunità della loro memoria storica e identitaria.

I Gioielli della Collezione: Un Viaggio nella Magna Grecia

Il pezzo più pregiato della collezione restituita è senza dubbio un magnifico cratere a mascheroni in ceramica apula a figure rosse, databile al IV secolo a.C. Questo tipo di vaso, utilizzato nell’antichità per mescolare vino e acqua durante i simposi, è un capolavoro di artigianato magnogreco, impreziosito da sovra-dipinture in bianco e giallo e da mascheroni, elementi decorativi plastici raffiguranti volti, applicati sulle anse. Le analisi effettuate dai restauratori hanno rivelato un dettaglio affascinante: il cratere era già stato oggetto di un restauro in epoca antica, una testimonianza eccezionale del valore che gli veniva attribuito già oltre duemila anni fa, probabilmente perché destinato a una personalità di spicco o riconosciuto fin da allora come opera di straordinaria bellezza.

Accanto a questo capolavoro, la collezione comprende una varietà di manufatti che offrono uno spaccato della vita e dell’arte del tempo:

  • Un’hydria a figure rosse, elegante vaso utilizzato per attingere e trasportare l’acqua.
  • Una kylix a figure nere, coppa da vino dal caratteristico stile più arcaico.
  • Un’oinochoe a figure rosse, una brocca per versare il vino.
  • Una lekythos a figure nere, un vaso utilizzato per contenere oli profumati, spesso associato a contesti funerari.
  • Una testina fittile e una “tanagrina”, statuetta in terracotta che prende il nome dalla città beota di Tanagra, famosa per questa produzione.
  • Due askòs (vasi per liquidi), uno in terracotta a forma umana e uno in bronzo.
  • Una piccola e raffinata kore in bronzo, statuetta femminile.
  • Uno specchio in osso con una pregevole decorazione a sbalzo.
  • Un balsamario in vetro di colore verde chiaro.

Questa diversità tipologica e stilistica permetterà agli studiosi e ai visitatori del museo di immergersi nelle pratiche quotidiane, nei rituali e nell’immaginario estetico delle antiche civiltà che popolarono la Magna Grecia.

Una Sinergia Istituzionale Vincente

Il successo di questa operazione, denominata “Il ritorno a casa: reperti archeologici riconsegnati allo Stato”, è stato il risultato di una collaborazione virtuosa tra diverse istituzioni. Fabrizio Sudano, direttore della Direzione regionale Musei nazionali Calabria, ha espresso profonda gratitudine verso il Nucleo TPC di Venezia, la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Venezia e le altre articolazioni del Ministero della Cultura. “La consegna di questi importanti reperti al Museo di Vibo – ha sottolineato Sudano – è il frutto di una collaborazione virtuosa… che desidero ringraziare per la professionalità e la dedizione dimostrate in ogni fase del procedimento“.

L’indagine, come ricostruito dal comandante del Tpc di Venezia, Emanuele Meleleo, è partita nell’agosto del 2024 durante un’attività di monitoraggio su palazzi storici veneziani interessati da lavori di restauro. Gli accertamenti hanno rivelato che i beni non erano detenuti legittimamente, ma provenivano da scavi clandestini e successive cessioni illecite. Le perquisizioni, scattate a dicembre 2024 tra Venezia e Torino, hanno permesso il recupero definitivo, seguito a marzo dal dissequestro disposto dall’autorità giudiziaria a favore dello Stato.

Un Nuovo Spazio per la Legalità e la Memoria a Vibo Valentia

L’arrivo di questi reperti rappresenta un’opportunità straordinaria per il Museo “Vito Capialbi”. Il direttore, Michele Mazza, ha annunciato l’intenzione di creare un nuovo allestimento dedicato proprio ai beni confiscati e restituiti allo Stato, nell’ambito del Grande Progetto Beni Culturali. “Si tratterà di uno spazio pensato per raccontare non solo il valore storico e artistico dei manufatti, ma anche l’impegno quotidiano delle istituzioni nella lotta al traffico illecito e nella difesa del patrimonio culturale“, ha dichiarato Mazza.

Questa nuova sezione non sarà solo una vetrina di capolavori ritrovati, ma un vero e proprio presidio di legalità e un potente strumento educativo. Racconterà le storie complesse di questi oggetti, il loro viaggio dall’oscurità di uno scavo illegale alla luce di una sala museale, celebrando il lavoro di chi si batte per proteggere la nostra eredità culturale. L’assegnazione al museo vibonese, come sottolineato dallo stesso direttore, “conferma il ruolo che esso riveste come presidio di tutela, ricerca e memoria“. Un ruolo strategico che fa di Vibo Valentia un punto di riferimento per la valorizzazione dei tesori recuperati, un luogo dove il passato, salvato dall’oblio, può finalmente parlare al futuro.

Di euterpe

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