Una notizia che ha scosso la Colombia e l’intera comunità ambientalista internazionale: Tamá, un esemplare maschio di orso andino (Tremarctos ornatus) di 11 anni, è morto proprio quando il suo sogno di tornare in libertà stava per diventare realtà. Il decesso è avvenuto durante un complesso ponte aereo organizzato per il suo rilascio nel Parco Nazionale Naturale Tamá, un’area protetta al confine con il Venezuela, lo stesso luogo dove era stato trovato orfano da cucciolo.
A dare il triste annuncio sono stati i Parchi Nazionali Naturali della Colombia e la Fondazione Parco Jaime Duque, le due istituzioni che per anni si sono prese cura di lui e che hanno coordinato il meticoloso piano di reinserimento denominato “Tamá vuelve a casa” (Tamá torna a casa). In un comunicato congiunto, hanno espresso “profondo dolore” per la perdita di un animale che era diventato un vero e proprio simbolo di speranza e resilienza per la conservazione della sua specie, l’unica specie di orso originaria del Sud America.
Una vita segnata dal destino: dal salvataggio alla tragica fine
La storia di Tamá inizia nel 2014, quando fu trovato ancora cucciolo, solo e vulnerabile, dopo che sua madre era stata molto probabilmente vittima della caccia illegale, una delle principali minacce per la sua specie. Da quel momento, ha trascorso 11 anni sotto le cure dell’uomo, passando per diversi centri di riabilitazione, tra cui il Santuario dell’Orso dagli Occhiali a Guasca (Cundinamarca) e il Bioparco Wakatá, gestito dalla Fondazione Parco Jaime Duque.
Nel 2022, Tamá era balzato agli onori della cronaca per una spettacolare fuga dal Bioparco Wakatá. Quell’episodio, che tenne con il fiato sospeso animalisti e autorità, dimostrò in modo inequivocabile il suo istinto selvatico e le sue incredibili capacità di sopravvivenza, rafforzando la convinzione degli esperti che fosse pronto per tornare nel suo habitat naturale. Da lì è partito un lungo e complesso processo di preparazione durato tre anni, volto a garantire che l’animale avesse le migliori possibilità di successo una volta libero.
L’operazione “Tamá torna a casa”: un sogno infranto
L’operazione di trasferimento era stata pianificata nei minimi dettagli. Il 16 dicembre, Tamá ha lasciato il Santuario dell’Orso a Guasca per una sosta logistica al Parco Jaime Duque, senza mostrare alcun segno di malessere. Il giorno seguente, è iniziato il viaggio aereo verso Cúcuta, da dove un elicottero lo avrebbe poi trasportato nel cuore del Parco Nazionale Tamá.
Tuttavia, il destino ha giocato un ruolo crudele. Condizioni meteorologiche avverse hanno impedito all’elicottero, un Eurocopter EC145, di atterrare nel punto prestabilito, costringendo l’equipaggio a invertire la rotta e tornare all’aeroporto Camilo Daza di Cúcuta. È stato durante questo volo di ritorno che Tamá ha manifestato gravi difficoltà respiratorie. Nonostante l’immediato intervento del team medico a bordo e le disperate manovre di rianimazione, per l’orso non c’è stato nulla da fare. La sua morte è stata confermata prima ancora dell’atterraggio, lasciando un vuoto incolmabile in tutti coloro che avevano lavorato per la sua libertà.
Le autorità hanno avviato un’indagine scientifica per determinare le cause esatte del decesso, ma la perdita di Tamá, che pesava circa 174 kg ed era stato dichiarato in condizioni ottimali per il rilascio, rappresenta un duro colpo per i programmi di conservazione.
L’orso andino: un gigante vulnerabile
L’orso andino, noto anche come “orso dagli occhiali” per le caratteristiche macchie chiare intorno agli occhi, è una specie classificata come “Vulnerabile” nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). La sua sopravvivenza è minacciata principalmente da due fattori di origine antropica:
- Perdita e frammentazione dell’habitat: L’espansione dell’agricoltura e dell’allevamento sta riducendo drasticamente le foreste andine, costringendo gli orsi in territori sempre più ristretti.
- Caccia illegale e conflitto uomo-animale: Spesso gli orsi vengono uccisi per paura o come rappresaglia per i danni al bestiame, una situazione che alimenta un conflitto difficile da gestire.
La storia di Tamá, da cucciolo orfano a simbolo di una libertà mai raggiunta, accende i riflettori sulla fragilità di questa specie e sull’urgenza di rafforzare le strategie di conservazione, migliorando i protocolli e lavorando per garantire una coesistenza pacifica tra l’uomo e la fauna selvatica. La sua tragica fine non sarà vana se servirà a ispirare un impegno ancora più forte per la protezione dei suoi simili.
