Dalla gioia della vetta alla paura più profonda nel cuore dell’Himalaya. Simone Moro, icona dell’alpinismo mondiale e re delle spedizioni invernali, ha vissuto ore di grande apprensione dopo essere stato colpito da un attacco cardiaco. L’episodio è avvenuto durante la fase di discesa dal Mera Peak, in Nepal, una cima che supera i 6.400 metri di altitudine, conquistata solo poche ore prima. A circa 5.000 metri, il fisico dell’atleta bergamasco ha ceduto, trasformando un’impresa sportiva in una drammatica lotta per la sopravvivenza.
La scalata e il malore improvviso
Nei giorni scorsi, Simone Moro, 58 anni, si trovava in Nepal per una fase di acclimatamento in vista del suo prossimo, ambizioso obiettivo: la salita invernale del Manaslu. Insieme al giovane e talentuoso scalatore nepalese Nima Ranji Sherpa, aveva raggiunto con successo la vetta del Mera Peak, una delle cime più frequentate della regione del Khumbu. Tuttavia, durante la discesa, nel villaggio di Khare a circa 5.000 metri, Moro ha avvertito un forte malessere, un dolore al petto che si è rapidamente aggravato, rivelandosi un attacco cardiaco.
“A 5.000 metri mi è venuto questo attacco cardiaco, perché il cuore quando vede che un pezzo della sua struttura non funziona va in allarme”, ha raccontato lo stesso Moro in un videomessaggio dall’ospedale di Kathmandu. La situazione si è presentata subito critica, aggravata dall’altitudine estrema e dall’isolamento.
Una notte di attesa e i soccorsi difficili
La richiesta di un elicottero per un’evacuazione medica immediata è partita subito, ma le condizioni e l’ora tarda hanno reso impossibile l’intervento tempestivo. Moro è stato costretto a trascorrere un’intera, interminabile notte a 5.000 metri, senza ossigeno supplementare e con un attacco cardiaco in corso, in attesa dei soccorsi. “Abbiamo chiesto l’intervento di un elicottero, ma era troppo tardi. Ho dovuto aspettare tutta la notte”, ha spiegato l’alpinista. Solo il giorno successivo, grazie a un’operazione complessa, un elicottero è riuscito a raggiungerlo e a trasportarlo d’urgenza all’ospedale HAMS di Kathmandu.
L’intervento a Kathmandu e le rassicurazioni
Una volta giunto nella capitale nepalese, Moro è stato immediatamente sottoposto alle cure mediche. Contrariamente a quanto riportato da alcune fonti iniziali, non ha subito alcun intervento chirurgico invasivo come bypass o l’inserimento di stent. È stato lo stesso alpinista a fare chiarezza, con la sua consueta ironia: “In questi giorni ho letto un po’ di tutto: interventi chirurgici, bypass, pacemaker, che mi hanno aperto il cuore. Niente di tutto questo, non mi hanno messo una fava”, ha dichiarato sui suoi canali social.
L’intervento, come spiegato da Moro, è consistito nella “pulizia” dell’aorta coronarica sinistra che era ostruita, una procedura che ha permesso di ripristinare il corretto flusso sanguigno. “Mi hanno pulito l’aorta coronarica sinistra che era tappata. Non so da cosa e non so da quanto”, ha precisato.
Il ritorno in Italia e il futuro
Dopo il grande spavento, Simone Moro ha voluto rassicurare personalmente amici, familiari e l’intera comunità di appassionati. Con il sorriso e un morale alto, ha confermato di stare bene e ha annunciato il suo imminente rientro in Italia per sottoporsi a ulteriori e più approfonditi accertamenti medici. La sua determinazione non è stata scalfita: “Sto bene, tornerò a fare quello che voglio”, ha affermato con forza, lasciando intendere che la sua straordinaria carriera tra le vette più alte del mondo non è affatto giunta al capolinea. Questo episodio, che ha tenuto con il fiato sospeso il mondo dell’alpinismo, si conclude con un sospiro di sollievo e la conferma della tempra eccezionale di un atleta che ha fatto della sfida ai limiti la sua ragione di vita.
