Un flusso di coscienza lungo quindici anni, un mosaico di annotazioni quotidiane che, come tessere preziose, compongono il ritratto di un’epoca complessa e cruciale della storia italiana. È questo e molto altro “Corso d’Italia 11 – Agendine 1930-1945“, il secondo volume dei diari di Leonetta Cecchi Pieraccini, pubblicato dalla casa editrice Sellerio. Un’opera monumentale di oltre novecento pagine che ci restituisce, con la nitidezza di una fotografia e la profondità di un romanzo, la vita intellettuale, artistica e politica dell’Italia durante il fascismo, vista attraverso lo sguardo acuto e sensibile di una donna straordinaria, pittrice e scrittrice.
Curato con amorevole intelligenza dalla pronipote Isabella D’Amico, che prosegue il lavoro già iniziato con il precedente volume dedicato agli anni 1911-1929, questo diario si rivela un documento storico e umano di inestimabile valore. Le pagine di Leonetta, moglie del celebre critico Emilio Cecchi, ci trasportano nel salotto della loro casa romana, al numero 11 di Corso d’Italia, un vero e proprio epicentro della vita culturale del tempo. Qui, tra una cena e una discussione, si incontravano le menti più brillanti dell’epoca: da Bontempelli a Sibilla Aleramo, da Alvaro a Paola Masino, in un continuo e vivace scambio di idee su arte, letteratura e politica.
L’arte di vedere: una scrittura pittorica e immediata
Ciò che colpisce immediatamente nella lettura di queste “agendine” è la qualità della scrittura di Leonetta Cecchi Pieraccini. Una prosa precisa, nitida, quasi priva di aggettivi, che riesce a cogliere il particolare significativo e a restituire con poche, efficaci parole la perfezione di un paesaggio o l’essenza di una persona. Non è un caso che la figlia, la celebre sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico, attribuisse alla madre il merito di averle insegnato “l’arte di vedere”. Leonetta, infatti, era prima di tutto una pittrice di talento, allieva del macchiaiolo Giovanni Fattori, e la sua sapienza di sguardo, la sua capacità di osservazione profonda, si riversa interamente in queste pagine. Le sue annotazioni, scritte a caldo, quotidianamente, hanno la freschezza e l’immediatezza di un’istantanea, lontane da ogni sentimentalismo facile o retorica.
Un affresco corale: tra pubblico e privato
Il diario di Leonetta non è solo una cronaca della vita intellettuale, ma anche un racconto intimo e personale. Accanto alle riflessioni sull’arte, come quelle in occasione di una mostra di De Chirico, e alle accese discussioni politiche, come quella sul comunismo del 25 aprile 1945, trovano spazio le gioie e i dolori della vita familiare. Il rapporto amoroso e complesso con il marito Emilio, le preoccupazioni per i figli e i nipoti, i momenti di malinconia personale si intrecciano con la grande Storia, creando un “filo rosso” che attraversa l’intera narrazione e la rende universale.
Le pagine finali, in particolare, quelle che vanno dal 25 luglio all’8 settembre 1943 e poi fino alla Liberazione, acquistano una tensione drammatica e una lucidità sorprendenti. L’annotazione finale, datata 27 maggio 1945, è una riflessione amara e profetica sulla memoria e sulla tendenza a dimenticare le responsabilità dei vinti: “Ora prevale l’uso di deplorare i vincitori e onorare i vinti. Ma la gente si dimentica troppo presto di cosa son stati capaci i vinti quando erano vittoriosi“. Una chiusura potente, scelta con sensibilità dalla curatrice, che suggella il valore non solo letterario ma anche civile di quest’opera.
Un patrimonio ritrovato
La pubblicazione di “Corso d’Italia 11” rappresenta un evento culturale di grande importanza. Grazie al lavoro filologico di Isabella D’Amico, che sta già preparando un terzo volume dedicato al dopoguerra e alla ricostruzione, oggi possiamo accedere a una testimonianza autentica e non edulcorata di un periodo storico fondamentale. Questi diari, che la stessa autrice aveva parzialmente pubblicato in vita eliminando le parti più familiari, ci offrono una prospettiva unica: quella di una donna che, pur essendo al centro di un mondo prevalentemente maschile, ha saputo mantenere un’indipendenza di pensiero e uno sguardo critico, consegnandoci un ritratto mobile e vibrante di una famiglia e di un’intera nazione.
Leggere Leonetta Cecchi Pieraccini oggi significa immergersi in un passato che ancora dialoga con il nostro presente, riscoprire la vivacità di un dibattito culturale che non temeva il dissenso e, soprattutto, apprezzare la forza silenziosa di una donna che, con la sua penna e il suo pennello, ha saputo catturare l’anima di un’epoca.
