ROMA – Un quadro preoccupante emerge dai dati forniti dal Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in risposta a un’interrogazione durante il question time alla Camera dei Deputati. Nei primi dieci mesi del 2025, il numero di operatori delle Forze dell’ordine feriti durante le manifestazioni ha subito un’impennata, sollevando seri interrogativi sulla natura e la gestione delle proteste nel nostro Paese. Un fenomeno che, secondo il titolare del Viminale, non risparmia neanche i cortei nati sotto la bandiera della pace, trasformandoli in teatri di scontro.
Un bilancio allarmante: i numeri della violenza
Le cifre parlano chiaro e delineano una situazione critica. “Nei primi dieci mesi del 2025 si sono svolte 8.647 manifestazioni di rilievo. In 242 casi si sono registrate criticità”, ha dichiarato il Ministro Piantedosi. Ma il dato più allarmante riguarda il costo umano per chi è chiamato a garantire la sicurezza: “Oltre 330 operatori delle Forze dell’ordine sono rimasti feriti, il 53% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”.
Questo incremento, pari a più della metà rispetto al periodo precedente, segnala un’escalation della tensione nelle piazze italiane. Un’analisi più approfondita dei dati rivela una dinamica ancora più inquietante e, per certi versi, paradossale.
Il paradosso dei cortei per la pace
Ciò che colpisce e induce a una profonda riflessione è un dato specifico evidenziato dal Ministro: “2.304 cortei erano dedicati alla pace ma hanno causato 242 feriti tra gli agenti”. Questo significa che la stragrande maggioranza degli agenti feriti (circa il 73%) ha subito lesioni proprio in quelle occasioni che, almeno nelle intenzioni dichiarate, dovrebbero promuovere la non violenza e il dialogo.
Secondo Piantedosi, questi numeri sono l’indicatore di un fenomeno preciso: “Sono dati che indicano che poco importa l’occasione specifica e conta molto, invece, la deliberata intenzione di alimentare la tensione e di fare danni”. L’analisi del Ministro suggerisce quindi la presenza, all’interno di manifestazioni altrimenti pacifiche, di gruppi organizzati il cui unico scopo è lo scontro con le forze dell’ordine e la creazione di disordini.
Il contesto delle manifestazioni
Il 2025 è stato un anno caratterizzato da numerose mobilitazioni, spesso legate a temi di rilevanza internazionale come il conflitto a Gaza, che hanno visto una partecipazione ampia e sentita in tutta Italia. Molte di queste manifestazioni, come quelle a sostegno della Palestina, sono state strumentalizzate, secondo le autorità, da gruppi estremisti che hanno cercato di elevare il livello dello scontro. Episodi di guerriglia urbana, come quelli registrati a Milano e Roma, hanno visto il lancio di oggetti, fumogeni e la costruzione di barricate, trasformando le strade in campi di battaglia.
Il Ministro ha anche fatto riferimento a una “vigilanza massima su possibili saldature tra tutti gli ambienti interessati a fomentare le tensioni sociali”, evidenziando la preoccupazione per legami tra movimenti pro-Palestina e ambienti del fondamentalismo islamico.
Le misure del Governo e il dibattito politico
Di fronte a questa escalation, il Governo sta valutando nuove misure per la sicurezza. Piantedosi ha menzionato l’efficacia delle cosiddette “zone rosse”, aree urbane sottoposte a vigilanza rafforzata, e la possibilità di renderle stabili attraverso una specifica normativa. Parallelamente, si sta lavorando al potenziamento degli organici delle Forze dell’ordine, con circa 39.000 nuove assunzioni già effettuate e altre 30.000 programmate per il prossimo biennio, con l’obiettivo di ringiovanire e rafforzare i ranghi.
Questi dati e le relative analisi hanno, inevitabilmente, alimentato il dibattito politico. Mentre la maggioranza sostiene la linea della fermezza e la necessità di nuovi strumenti a tutela degli agenti, le opposizioni hanno in passato criticato un presunto “clima repressivo e securitario”, accusa respinta dai sindacati di polizia che parlano invece di un “clima da caccia all’agente”. Resta il fatto che la violenza nelle piazze, a prescindere dal colore politico, rappresenta una sconfitta per il dialogo democratico e una minaccia per la sicurezza di tutti i cittadini, agenti compresi.
