PARIGI – Un messaggio forte e inequivocabile, destinato a risuonare ben oltre le mura dell’Istituto Jacques Delors. Il Presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, ha usato parole di una durezza insolita per denunciare quelle che ha definito “inaccettabili minacce di interferenza” da parte degli Stati Uniti nella vita politica interna dell’Unione Europea. Durante la conferenza annuale del prestigioso think tank parigino, l’ex premier portoghese ha tracciato una linea netta, affermando che Bruxelles e Washington “non condividono più la stessa visione dell’ordine internazionale”. Un’affermazione che segna un potenziale punto di svolta nelle relazioni transatlantiche, storicamente fondate su una comunanza di valori e obiettivi strategici.
L’alleanza in discussione: “Se siamo alleati, dobbiamo agire come tali”
Il cuore del discorso di Costa ha ruotato attorno al concetto stesso di alleanza. “Se siamo alleati dobbiamo agire come alleati, e gli alleati non minacciano di interferire nella vita politica interna degli alleati, la rispettano”, ha scandito il Presidente del Consiglio Europeo. Il riferimento, neanche troppo velato, è alla nuova Strategia di Sicurezza Nazionale presentata dall’amministrazione americana, percepita a Bruxelles come un tentativo di minare l’autonomia e la sovranità europea. Secondo Costa, i discorsi del vicepresidente J.D. Vance a Monaco e i numerosi tweet del presidente Donald Trump sono ormai diventati “ufficialmente la dottrina statunitense”, imponendo all’Europa di “prenderne atto e agire di conseguenza”.
La critica di Costa si è concentrata su un punto preciso: “Gli Stati Uniti non possono sostituirsi ai cittadini europei nella scelta di quali partiti sono buoni e quali cattivi”. Un’ingerenza che l’Unione Europea non è disposta a tollerare, rivendicando il proprio diritto a definire autonomamente il proprio percorso politico e i propri valori.
Divergenze profonde: multilateralismo, clima e libertà d’espressione
Le parole di Costa hanno messo in luce una frattura che va oltre la contingenza politica, toccando i pilastri fondamentali dell’ordine globale. “Noi rimaniamo difensori del multilateralismo. Crediamo in un ordine internazionale basato sulle regole, crediamo nella scienza… e non ignoriamo le sfide globali come il cambiamento climatico”, ha sottolineato Costa. Al contrario, ha proseguito, gli Stati Uniti “non credono più nel multilateralismo” e considerano il cambiamento climatico “una bugia”. Queste divergenze, un tempo gestite all’interno di un quadro di dialogo, sembrano ora aver raggiunto un punto di non ritorno.
Un altro terreno di scontro è rappresentato dalla libertà di espressione e dal ruolo dei giganti tecnologici. Costa ha rivendicato la sovranità europea in materia, affermando che “non c’è libertà di espressione senza libertà di informazione, che prevede il pluralismo”. L’attacco è diretto a quella che viene percepita come una difesa degli interessi dei “tecno-oligarchi degli Usa” a scapito della libertà di informazione dei cittadini. Un tema, quello della regolamentazione delle piattaforme digitali, che da tempo vede Bruxelles e Washington su posizioni distanti.
La risposta dell’Europa: un appello a una maggiore responsabilità e sovranità
Di fronte a questo cambio di paradigma nei rapporti con lo storico alleato, la risposta proposta da Costa è chiara: l’Europa deve assumersi maggiori responsabilità e costruire una vera e propria sovranità strategica. “Dobbiamo concentrarci sulla costruzione di un’Europa che comprenda che i rapporti tra gli alleati e le alleanze del dopoguerra sono cambiati”, ha affermato. Questo implica un rafforzamento della propria difesa, come già sollecitato dal vicepresidente Vance a Monaco, e una maggiore assertività sulla scena globale.
L’appello di Costa non è isolato, ma si inserisce in un dibattito sempre più acceso all’interno dell’UE sulla necessità di una maggiore autonomia strategica. La guerra in Ucraina e le crescenti tensioni geopolitiche hanno accelerato questa presa di coscienza, spingendo i leader europei a ripensare il ruolo dell’Unione nel mondo. Le parole del Presidente del Consiglio Europeo, dunque, non sono solo una reazione a una specifica politica americana, ma il sintomo di una trasformazione profonda e, probabilmente, irreversibile dell’architettura globale.
