Una fiamma che non illumina soltanto, ma che parla. Una torcia che non è solo un simbolo, ma un megafono. Rigivan Ganeshamoorthy, per tutti ‘Rigi’, ha trasformato il suo ruolo di tedoforo per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 in un momento di pura e potente testimonianza. Percorrendo le strade di Roma con il fuoco olimpico, l’atleta, medaglia d’oro nel getto del peso alle Paralimpiadi di Parigi 2024, non ha semplicemente compiuto un gesto rituale, ma ha dato voce a un universo di lotte silenziose, di sogni coltivati nel buio e di vittorie quotidiane che spesso rimangono invisibili.
“Non ho solo portato una torcia. Ho portato la voce di chi non si arrende, di chi ogni giorno lotta contro il dolore, le barriere, l’indifferenza”. Queste le parole, cariche di emozione e significato, pronunciate da Ganeshamoorthy, che hanno immediatamente trasceso il contesto sportivo per toccare corde universali. Accanto a lui, in un ideale passaggio di consegne tra campioni, il tennista Matteo Berrettini, anche lui tedoforo per le vie della Capitale. Un’immagine potente che unisce lo sport olimpico e paralimpico sotto la stessa luce, quella della passione e del sacrificio.
La fiamma della speranza: un simbolo che va oltre lo sport
Per ‘Rigi’, quella fiamma ha rappresentato molto più del sacro fuoco di Olimpia. “Ho portato la fiamma di chi ha creduto in me quando nemmeno io ci riuscivo”, ha confessato, svelando l’intimità di un percorso umano e sportivo tutt’altro che lineare. Nato a Roma nel 1999 da genitori originari dello Sri Lanka e cresciuto nel quartiere di Dragona, la vita di Rigivan è cambiata radicalmente nel 2017, quando gli è stata diagnosticata la sindrome di Guillain-Barré, una polineuropatia aggravata poi da una lesione cervicale a seguito di una caduta nel 2019.
Da quel momento, la sua esistenza è diventata un campo di battaglia, una sfida costante contro i limiti imposti dalla malattia. La carrozzina, da simbolo di una condizione, si è trasformata nel punto di partenza per una rinascita impensabile. “Questa fiamma è il simbolo di un cammino fatto di sacrifici, di notti difficili, di sogni che sembravano troppo grandi… eppure oggi brillano”, ha aggiunto, con la voce incrinata dalla commozione ma ferma nella determinazione.
Le sue parole sono un inno alla resilienza, un valore che lo sport paralimpico incarna in modo esemplare. Atleti come lui, Alex Zanardi o Bebe Vio, dimostrano quotidianamente che la disabilità non è un ostacolo insormontabile, ma una condizione che può forgiare caratteri d’acciaio e ispirare milioni di persone.
Un campione d’oro e di umiltà
Il trionfo a Parigi 2024 è stato il culmine di questo percorso. Una medaglia d’oro nel getto del peso (categoria F52) che ha fatto la storia, accompagnata da un record del mondo stracciato per ben tre volte consecutive nella finale del lancio del disco, con una misura “monstre” di 27,06 metri. Ma la grandezza di ‘Rigi’ non risiede solo nei risultati sportivi. Risiede nella sua capacità di rimanere con i piedi per terra, nella sua genuinità e nella sua autoironia, che hanno conquistato il pubblico e i media.
Le sue interviste post-vittoria sono diventate virali, mostrando un ragazzo trasparente, sincero e incredibilmente simpatico, capace di battute spiazzanti come: “Questo mondo mi sta incominciando a piacere… forse un po’ troppi disabili”. Un umorismo che è anche un modo per esorcizzare il dolore e per affrontare la vita con una leggerezza che non è superficialità, ma forza d’animo.
“Da una carrozzina, con il volto scaldato dal fuoco olimpico, ho sentito tutta la forza di ciò che siamo: fragili, sì, ma capaci di rialzarci più forti ogni volta. Rappresentare l’Italia in questo momento è stato un onore immenso”, ha dichiarato durante l’evento a Roma. Un onore che Ganeshamoorthy ha voluto condividere, dedicando la sua medaglia e questo momento simbolico non solo alla sua famiglia, ai suoi allenatori e alla sua Dragona, ma a tutta la nazione e a “tutti gli altri disabili che sono a casa”.
Essere luce nel buio: il messaggio universale di ‘Rigi’
Il messaggio finale di Rigivan Ganeshamoorthy va oltre le piste di atletica e le cerimonie ufficiali. È un invito a trovare la luce anche quando tutto sembra buio, a non arrendersi mai e a credere nella propria capacità di superare gli ostacoli. “Ma la vera vittoria è dare speranza a chi si sente invisibile. Questa fiamma non è solo mia: è di chiunque stia ancora lottando nel silenzio. Che possa ricordarci che, anche nel buio, si può essere luce”.
Con queste parole, Rigivan non si è limitato a portare una torcia. Ha acceso un faro. Un faro di speranza, coraggio e inclusione che, partito da Roma, continuerà a brillare a lungo, ispirando chiunque si trovi ad affrontare la propria, personale, olimpiade della vita.
