Un appello firmato da alcune delle voci più autorevoli del panorama culturale e accademico italiano ha acceso i riflettori su una questione tanto delicata quanto cruciale: la lotta all’antisemitismo e i suoi possibili, controversi, confini legislativi. Scrittori, storici e intellettuali, tra cui spiccano i nomi di Roberto Saviano, Carlo Ginzburg, Anna Foa, Gad Lerner e Valentina Pisanty, hanno definito “inaccettabili e pericolosi” i quattro disegni di legge attualmente in discussione in Parlamento, volti a prevenire e contrastare l’odio antiebraico. La radice della contesa risiede nell’adozione della definizione di antisemitismo dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance), un testo che, secondo i firmatari, rischia di trasformare ogni legittima critica politica allo Stato di Israele in una manifestazione di antisemitismo.

Quattro Proposte, un Unico Timore: la Soppressione del Dissenso

Al centro del dibattito vi sono quattro distinti disegni di legge, presentati da esponenti di diversi schieramenti politici: Massimiliano Romeo (Lega), Ivan Scalfarotto (Italia Viva), Graziano Delrio (Partito Democratico) e Maurizio Gasparri (Forza Italia). Nonostante le diverse sfumature, secondo i critici, le proposte condividono un presupposto fondamentale: recepire la definizione operativa di antisemitismo dell’IHRA, approvata a Bucarest nel 2016. Questa definizione, sebbene non giuridicamente vincolante, è stata adottata da numerosi Paesi e istituzioni, inclusa l’Italia con una delibera del Consiglio dei Ministri nel gennaio 2020.

La definizione base dell’IHRA recita: «L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto». A suscitare le maggiori perplessità, tuttavia, sono gli 11 esempi illustrativi che la accompagnano, sette dei quali riguardano direttamente lo Stato di Israele. Tra questi, figurano esempi come “negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, per esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo” o “applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico”.

Secondo i firmatari dell’appello, è proprio qui che si annida il pericolo: l’equiparazione tra antisionismo e antisemitismo, tra la critica alle politiche di un governo e l’odio razziale. Un’impostazione che, a loro dire, “banalizza l’antisemitismo” e, al contempo, “usa la lotta all’antisemitismo come strumento politico per limitare la libertà del dibattito pubblico, della ricerca e della critica legittima a Israele”.

Il Contesto Politico e le Fratture Interne

La questione ha creato notevoli tensioni anche all’interno delle forze politiche, in particolare nel Partito Democratico. Il DDL a prima firma di Graziano Delrio, depositato il 20 novembre, è stato pubblicamente sconfessato dai vertici del partito, che lo hanno derubricato a “iniziativa personale”. Questa mossa ha evidenziato una profonda frattura tra l’ala riformista del PD, firmataria del testo, e la linea della segreteria di Elly Schlein, più vicina alle posizioni dell’alleato Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra), che ha definito “sconcertante” la proposta proprio per il rischio di sanzionare chi critica Israele.

Anche il disegno di legge di Gasparri, che interviene persino in ambito penale, ha sollevato forti preoccupazioni. La FLC CGIL, ad esempio, ha espresso timori per un testo che, con un “impianto repressivo e sanzionatorio”, minaccia la libertà di insegnamento e l’autonomia delle istituzioni scolastiche e universitarie. Il DDL Gasparri prevede infatti corsi di formazione obbligatori per docenti e personale della pubblica amministrazione e meccanismi di segnalazione di presunti atti antisemiti negli atenei.

L’Alternativa Ignorata: la Dichiarazione di Gerusalemme

Nell’appello, studiosi e scrittori contrappongono alla controversa definizione IHRA un altro documento, ritenuto “più equilibrato e autorevole”: la Jerusalem Declaration on Antisemitism (JDA). Promossa nel 2021 da un gruppo internazionale di accademici esperti di Olocausto, studi ebraici e mediorientali, la JDA si propone come uno strumento per identificare e combattere l’antisemitismo garantendo al contempo la libertà di espressione.

La JDA definisce l’antisemitismo come “discriminazione, pregiudizio, ostilità o violenza contro gli ebrei in quanto ebrei (o le istituzioni ebraiche in quanto ebraiche)”. Il documento sottolinea che la lotta all’antisemitismo è inseparabile da quella contro ogni forma di razzismo e discriminazione. A differenza del testo IHRA, la Dichiarazione di Gerusalemme distingue nettamente tra discorso antisemita e critica a Israele, anche se radicale. Ad esempio, chiarisce che sostenere i diritti dei palestinesi, criticare il sionismo come ideologia politica o appoggiare campagne come il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) non è, di per sé, antisemita.

I firmatari dell’appello lamentano che le proposte di legge in discussione ignorino completamente questo documento, preferendo un approccio che rischia di alimentare ulteriore ostilità. “Stabilire un presunto privilegio di esenzione dalla critica politica ed etica ‘in favore degli ebrei’ (…) non può che alimentare nuova ostilità e ulteriore antisemitismo”, si legge nel testo. La lotta all’odio antiebraico, concludono, deve essere condotta “accanto a islamofobia, razzismo ed ogni forma di discriminazione”, senza creare gerarchie o scudi legislativi che potrebbero rivelarsi controproducenti.

Di veritas

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