MOSCA – Un monito diretto e senza mezzi termini arriva da Mosca. Il Cremlino ha affermato che la scelta dell’Unione Europea di rinunciare al gas russo “accelererà solo il processo già in atto negli ultimi anni di perdita del potenziale di leadership dell’economia europea”. A farsi portavoce di questa posizione è stato Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo, il quale ha sottolineato come questa decisione strategica di Bruxelles avrà conseguenze inevitabili e significative per il tessuto economico e industriale del Vecchio Continente.

Secondo Peskov, citato dall’agenzia di stampa Interfax, il progressivo abbandono delle forniture russe condannerà l’Europa a dipendere da fonti energetiche “molto più costose”. “Significa che l’Europa dipenderà da un gas che costa di più, e a volte molto di più, rispetto al gas russo,” ha dichiarato il portavoce. Questa dinamica, a suo dire, porterà a una “diminuzione della competitività dell’Europa” su scala globale.

Il percorso dell’UE verso l’indipendenza energetica dalla Russia

Le dichiarazioni di Peskov giungono in un momento cruciale, a seguito dell’accordo politico raggiunto tra Consiglio e Parlamento europeo per eliminare gradualmente tutte le importazioni di gas naturale russo entro il 2027. Questa mossa, definita “storica” dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, si inserisce nel più ampio piano REPowerEU, presentato nel maggio 2022 come risposta diretta all’invasione dell’Ucraina e alla successiva “militarizzazione” delle forniture energetiche da parte di Mosca.

La tabella di marcia è precisa:

  • Gas Naturale Liquefatto (GNL): il divieto per i contratti a lungo termine scatterà dal 1° gennaio 2027, mentre per quelli a breve termine la cessazione è prevista già nel 2026.
  • Gas via gasdotto: lo stop definitivo è fissato per il 30 settembre 2027, con una possibile proroga tecnica fino a fine ottobre dello stesso anno in caso di difficoltà nel riempimento degli stoccaggi.

Questa transizione ha già prodotto risultati tangibili. La dipendenza dell’UE dal gas russo è crollata drasticamente: se prima del febbraio 2022 rappresentava circa il 45% delle importazioni totali, nella prima metà del 2025 questa quota è scesa al 13%. Un calo ancora più marcato si è registrato per il petrolio, passato dal 27% al 2%, e per il carbone, le cui importazioni sono state completamente vietate.

L’analisi dei costi: la sfida della competitività

Il cuore dell’avvertimento del Cremlino risiede nella questione dei costi. È un dato di fatto che la diversificazione dalle forniture russe abbia comportato un aumento strutturale dei prezzi dell’energia per l’Europa. Il massiccio ricorso al Gas Naturale Liquefatto (GNL), principalmente proveniente dagli Stati Uniti, ha un costo intrinsecamente superiore a causa dei processi di liquefazione, trasporto marittimo e rigassificazione.

Prima del conflitto, il gas russo via gasdotto aveva un prezzo medio stimato di circa 22,6 €/MWh, mentre il GNL statunitense si attestava intorno ai 34,5 €/MWh, con un differenziale di oltre il 50%. Sebbene oggi il prezzo di riferimento europeo (TTF) sia sceso a livelli vicini a quelli pre-crisi, rimane comunque strutturalmente più alto rispetto al gas russo pre-bellico. Questa differenza di costo si traduce in un fardello per l’economia europea, alimentando l’inflazione, rallentando i consumi e mettendo a dura prova la competitività delle imprese, specialmente quelle energivore.

Le alternative e le sfide future

L’Unione Europea ha lavorato intensamente per diversificare le proprie fonti di approvvigionamento. Oltre al GNL statunitense, altri partner come Norvegia, Algeria e Azerbaigian hanno aumentato le loro forniture. Inoltre, si è registrato un forte impulso verso le energie rinnovabili, che secondo le stime di Wood Mackenzie, potrebbero sostituire una quantità significativa di gas già quest’anno.

Nonostante gli sforzi, la transizione non è priva di ostacoli. Alcuni Paesi membri, come l’Ungheria e la Slovacchia, mantengono una maggiore dipendenza dalle forniture russe e hanno espresso preoccupazioni. Il governo ungherese, in particolare, ha minacciato di ricorrere in tribunale contro la decisione dell’UE per difendere la propria sicurezza energetica.

La reazione di Mosca, sebbene prevedibile, evidenzia una delle principali sfide che l’Europa dovrà affrontare nei prossimi anni: bilanciare la necessità strategica di indipendenza energetica e di sostegno all’Ucraina con l’imperativo economico di mantenere la propria industria competitiva in un mercato globale sempre più agguerrito. La scommessa di Bruxelles è che gli investimenti in nuove tecnologie, in efficienza energetica e in fonti rinnovabili possano, nel lungo periodo, compensare i maggiori costi iniziali e rafforzare la sovranità e la resilienza del continente.

Di atlante

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