Un vero e proprio terremoto finanziario e giudiziario si è abbattuto sul cuore della finanza italiana. La Procura di Milano ha acceso i suoi riflettori su una delle operazioni più discusse degli ultimi tempi: la vendita del 15% delle azioni di Monte dei Paschi di Siena (MPS) da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e la successiva Offerta Pubblica di Scambio (OPS) che ha portato la banca senese a conquistare il controllo di Mediobanca. L’inchiesta, che ipotizza i reati di aggiotaggio (manipolazione di mercato) e ostacolo all’attività delle autorità di vigilanza, ha innescato una tempesta politica, con le opposizioni che chiedono a gran voce spiegazioni al governo.
Le accuse della Procura e i nomi eccellenti
Al centro delle indagini, coordinate dai pm Giovanni Polizzi e Luca Gaglio, vi è il sospetto di un “accordo segreto” e di una “concertazione occulta” tra alcuni dei principali attori di questa complessa partita. Nel registro degli indagati sono finiti nomi di primo piano del panorama economico nazionale: l’amministratore delegato di MPS, Luigi Lovaglio, l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri, presidente di Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’operazione sarebbe stata pianificata per aggirare le norme sulla trasparenza, omettendo le dovute comunicazioni a Consob, BCE e Ivass. L’obiettivo finale, secondo gli inquirenti, non sarebbe stata una semplice integrazione industriale tra i due istituti di credito, ma la conquista del controllo di Assicurazioni Generali, di cui Mediobanca è storicamente un socio di riferimento.
Le indagini si concentrano in particolare sulla procedura di Accelerated Book Building (ABB) con cui il MEF, nel novembre 2024, ha ceduto il 15% di MPS. Un pacchetto azionario rilevato proprio da un consorzio di investitori che includeva Delfin, il gruppo Caltagirone, Banco BPM e Anima Holding. I magistrati parlano di “vistose anomalie” e di una procedura “caratterizzata da opacità”, suggerendo che la scelta di un unico bookrunner, Banca Akros (controllata da Banco Bpm), sia stata funzionale a “pilotare” la vendita verso soggetti predeterminati.
La difesa del MEF e del Ministro Giorgetti
Di fronte al polverone sollevato dall’inchiesta, la risposta del Ministero dell’Economia non si è fatta attendere. Fonti qualificate del Tesoro hanno ribadito all’ANSA che “il Mef ha agito sempre nel rispetto delle regole e della prassi”. Viene inoltre sottolineato con forza che “dal ministro Giorgetti nessuna ingerenza né interferenza” c’è stata nella procedura di vendita e nelle operazioni successive. Lo stesso Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva già in passato difeso l’operato del suo dicastero, anche in un’audizione al Copasir, rivendicando l'”assoluta correttezza” delle procedure, identiche a quelle utilizzate in passato. Giorgetti ha più volte ribadito un concetto chiave: “Il Tesoro non è un azionista invadente, il management ha deciso in autonomia le sue scelte e noi le rispettiamo”. In un altro intervento pubblico, aveva sottolineato come il governo avesse ereditato una banca in difficoltà, risanata e restituita al mercato, generando un beneficio per le casse dello Stato.
L’offensiva delle opposizioni in Parlamento
La notizia dell’indagine ha immediatamente infiammato il dibattito politico, fornendo un’arma potente alle opposizioni per attaccare il governo. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha usato parole dure, parlando di “ruolo opaco del governo e del Mef” e accusando l’esecutivo di aver favorito “scalate di cordate considerate amiche”. La richiesta è netta: “Giorgetti venga subito a riferire in Aula per chiarire al Paese tutti gli aspetti di questa vicenda”.
Sulla stessa linea si è mosso il Movimento 5 Stelle, con il leader Giuseppe Conte che ha alzato il tiro, chiamando in causa direttamente la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Conte ha ricordato le 11 interrogazioni parlamentari presentate dal suo partito e rimaste senza risposta, collegando la vicenda MPS-Mediobanca a quella dell’intervento del governo, tramite golden power, sull’operazione Unicredit-Banco Bpm. Anche Italia Viva e +Europa si sono unite al coro, chiedendo rispettivamente un confronto in Parlamento e l’istituzione di un’indagine conoscitiva.
Il contesto: un risiko bancario complesso
L’inchiesta della Procura di Milano si inserisce in un contesto di grande fermento nel settore bancario e finanziario italiano, spesso definito “risiko bancario”. La vendita delle quote di MPS da parte dello Stato è un passo obbligato, richiesto dagli accordi con la Commissione Europea dopo il salvataggio pubblico della banca. Tuttavia, le modalità e gli esiti di questa privatizzazione graduale sono finiti sotto la lente non solo della magistratura, ma anche degli osservatori di mercato.
L’OPS di MPS su Mediobanca, inizialmente definita da quest’ultima come “fortemente distruttiva di valore”, si è poi conclusa con successo nel settembre 2025, con l’adesione di oltre il 62% del capitale di Piazzetta Cuccia. Questo ha di fatto creato un nuovo grande polo finanziario, ma ha anche sollevato interrogativi sulla stabilità della governance e sulla trasparenza delle dinamiche di potere che lo hanno generato. La notizia dell’inchiesta ha avuto un impatto immediato sui mercati, con il titolo MPS che ha registrato perdite significative, a testimonianza dell’incertezza che ora aleggia sull’intera operazione.
