UDINE – Un’ondata di solidarietà che si traduce in un sostegno economico e morale tangibile. Ha superato la significativa soglia dei 100mila euro la raccolta fondi promossa dalla sezione di Udine dell’Associazione nazionale vigili del fuoco per sostenere i tre colleghi indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla tragica morte di Patrizia Cormos, 20 anni, Bianca Doros, 23, e Cristian Molnar, 25, travolti dalla piena improvvisa del fiume Natisone il 31 maggio 2024. Un gesto corale che arriva a pochi giorni da una data cruciale per il procedimento giudiziario: il prossimo 2 dicembre, infatti, si terrà l’udienza in cui il giudice deciderà anche sull’eventuale unificazione del processo a carico dei tre pompieri con quello, parallelo, che vede coinvolto un infermiere della Sala operativa regionale dell’emergenza sanitaria (Sores).
L’INIZIATIVA DI SOLIDARIETÀ E I COSTI DEL PROCESSO
L’iniziativa, lanciata sulla piattaforma GoFundMe, ha raccolto in breve tempo un consenso straordinario, a testimonianza della vicinanza della comunità ai vigili del fuoco coinvolti. “Grazie di cuore. La vostra partecipazione alla raccolta rappresenta molto più di un semplice gesto: è un segno concreto di vicinanza e umanità di fronte a una vicenda che ha toccato profondamente tutti noi“, ha comunicato l’associazione, sottolineando come il sostegno ricevuto sia “un abbraccio collettivo in un momento difficile“. L’obiettivo della campagna è ambizioso: coprire le spese legali e tecniche che i tre vigili e le loro famiglie dovranno affrontare, stimate in circa 300mila euro. Si tratta di costi ingenti per i quali, come specificato dall’associazione, “non è previsto alcun anticipo da parte del ministero dell’Interno“. Soltanto al termine del procedimento giudiziario sarà possibile un eventuale e parziale rimborso assicurativo, lasciando così la maggior parte dell’onere economico a carico diretto degli indagati.
L’INCHIESTA E LE ACCUSE
La Procura di Udine, al termine delle indagini, ha ipotizzato il reato di omicidio colposo plurimo a carico dei tre vigili del fuoco e dell’operatore della Sores. L’inchiesta si è concentrata sulla gestione delle chiamate di emergenza e sulla tempistica dei soccorsi. Secondo l’accusa, vi sarebbero state negligenze, imperizia e imprudenza nella catena di comando e comunicazione che ha gestito le disperate richieste d’aiuto lanciate da Patrizia Cormos. La prima chiamata al numero unico di emergenza 112 risale alle 13:29 di quel tragico venerdì; ne seguirono altre, sempre più angosciate, fino a quando, circa 40 minuti dopo, la furia del fiume non ha lasciato scampo ai tre giovani. Le indagini puntano a chiarire se un’attivazione più tempestiva dei soccorsi, in particolare dell’elicottero, avrebbe potuto cambiare il drammatico epilogo della vicenda. È importante sottolineare che l’inchiesta non coinvolge il personale intervenuto fisicamente sul posto per le operazioni di salvataggio, il cui coraggio e impegno non sono in discussione.
LA TRAGEDIA CHE HA SCONVOLTO L’ITALIA
La morte di Patrizia, Bianca e Cristian ha scosso profondamente l’opinione pubblica nazionale e internazionale. L’immagine del loro ultimo abbraccio, ripresa da un passante, è diventata il simbolo straziante di una giovane vita spezzata. I tre amici si erano recati sulla spiaggetta del Natisone, a Premariacco, per festeggiare un esame superato da Patrizia, studentessa all’Accademia di Belle Arti. In pochi minuti, a causa delle intense piogge dei giorni precedenti, il livello del fiume si è alzato in modo repentino e violento, intrappolandoli su un isolotto di ghiaia. I corpi delle due ragazze furono ritrovati pochi giorni dopo, mentre quello di Cristian fu recuperato dopo settimane di incessanti ricerche.
VERSO IL PROCESSO
Con l’udienza del 2 dicembre, la vicenda entra in una fase giudiziaria decisiva. Oltre alla possibile riunificazione dei due tronconi del processo, le famiglie delle vittime si sono costituite parte civile, chiedendo un risarcimento di quasi 4 milioni di euro. La comunità, intanto, si stringe attorno ai suoi vigili del fuoco, con una generosità che dimostra fiducia e riconoscenza verso chi, ogni giorno, lavora per la sicurezza di tutti. La raccolta fondi non è solo un aiuto economico, ma un potente messaggio di solidarietà che accompagnerà i tre servitori dello Stato nell’affrontare il difficile percorso processuale che li attende.
