Torino – Un fiume di persone, stimato tra le duemila e le tremila unità, ha attraversato il cuore di Torino nella serata di martedì 25 novembre, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La manifestazione, organizzata dal movimento transfemminista Non Una Di Meno, ha visto una partecipazione ampia e variegata, composta in prevalenza da giovani, studentesse, associazioni e cittadini che si sono uniti spontaneamente per chiedere a gran voce un cambiamento culturale e politico.

LA CRONACA DELLA MANIFESTAZIONE

Il corteo è partito intorno alle 18:30 da piazza Carlo Felice, di fronte alla stazione ferroviaria di Porta Nuova. Aperto da un grande striscione con la scritta “Contro la violenza patriarcale, blocchiamo tutto”, il serpentone si è mosso tra fumogeni rossi, il colore simbolo della giornata, cori e il suono dei tamburi. Tra i cartelli esposti, frasi potenti e dirette come “Lo stupratore non è malato ma figlio sano del patriarcato” e “Siamo le nipoti delle streghe che non avete bruciato”, a testimoniare una rabbia che si fa voce collettiva. In testa al corteo, un altro striscione citava la celebre frase di Cristina Torres-Cáceres: “Se domani tocca a me voglio essere l’ultima”.

Il percorso ha interessato le vie del centro, provocando deviazioni al traffico e ai mezzi pubblici di superficie. Un momento di particolare tensione si è verificato all’altezza della stazione della metropolitana Marconi. Qui, un centinaio di manifestanti è sceso sulle banchine, bloccando temporaneamente la circolazione dei convogli per circa quindici minuti, un’azione dimostrativa per rafforzare il messaggio “blocchiamo tutto”. Proprio durante questa fase, si è registrato un grave episodio di violenza: un fotoreporter dell’agenzia LaPresse, Marco Secci, è stato brutalmente aggredito da un uomo che, dopo aver inveito contro alcune manifestanti, gli ha distrutto l’attrezzatura fotografica e lo ha colpito con un pugno al volto. L’episodio ha suscitato l’indignazione dei colleghi, che hanno lanciato una raccolta fondi per aiutarlo.

Il corteo ha poi proseguito il suo cammino lungo via Madama Cristina e corso Vittorio Emanuele II, fino a raggiungere la zona del parco del Valentino, dove è stato affisso uno striscione in memoria delle vittime di femminicidio: “78 sorelle uccise, ci vogliamo vive”, in riferimento ai dati del 2025.

LE RIVENDICAZIONI: NON SOLO VIOLENZA DI GENERE

La manifestazione non si è limitata alla sola denuncia della violenza maschile sulle donne. Le attiviste di Non Una Di Meno hanno voluto sottolineare come la violenza patriarcale sia, a loro avviso, interconnessa con altre forme di oppressione, come la guerra e le politiche sui migranti. “La guerra, il genocidio e la violenza patriarcale sono unite dallo stesso filo, un filo rosso che ci vuole impaurit3, ricattabili, vittime sacrificabili”, ha scritto il movimento sui propri canali social.

Un tema ricorrente negli slogan e nei cartelli è stata la solidarietà a Mohamed Shahin, l’imam della moschea di Via Saluzzo, in Italia da circa vent’anni e destinatario di un decreto di espulsione firmato dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per motivi di sicurezza dello Stato. Le manifestanti hanno scandito “Free Shahin, nobody deported for supporting Palestine”, collegando la sua vicenda alla più ampia questione del conflitto in Medio Oriente. Shahin, noto oppositore del regime egiziano di Al-Sisi, è stato al centro di polemiche per alcune dichiarazioni sull’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, da lui definite “un atto di resistenza”. La sua espulsione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Torino, che ha respinto le obiezioni della difesa. Numerose realtà, tra cui la Rete del dialogo cristiano-islamico e Arci Torino, si sono mobilitate per chiedere la revoca del provvedimento, temendo per la sua incolumità in caso di rimpatrio in Egitto.

UN CAMBIAMENTO CULTURALE URGENTE

Al di là delle azioni di protesta, il messaggio centrale della manifestazione è stata la richiesta di un profondo cambiamento culturale. Le organizzatrici hanno ribadito la necessità di un’educazione affettiva e al consenso in tutte le scuole, come strumento primario di prevenzione. “La cultura dello stupro si sconfigge con la cultura del consenso”, ha affermato una delle attiviste al megafono, criticando l’approccio del governo, ritenuto troppo focalizzato sulla repressione penale e non abbastanza sulla prevenzione. La piazza ha voluto ricordare le 91 vittime di femminicidio, lesbicidio e transicidio registrate dall’inizio dell’anno secondo l’osservatorio del movimento, un dato che sottolinea l’urgenza di interventi efficaci e strutturali.

La giornata del 25 novembre a Torino si è conclusa con una forte affermazione di dissenso e la volontà di non rimanere in silenzio, unendo la lotta contro la violenza di genere a battaglie considerate parte dello stesso sistema di oppressione, in una manifestazione che ha saputo coniugare memoria, rabbia e proposta politica.

Di veritas

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