Milano – Il colosso dell’e-commerce Amazon è al centro di una complessa e vasta indagine coordinata dalla Procura di Milano e condotta dal nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Monza. Le accuse sono pesantissime: contrabbando per omessa dichiarazione e una maxi evasione fiscale. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato messo in piedi un sofisticato sistema per importare e movimentare in Italia centinaia di migliaia di prodotti provenienti dalla Cina, eludendo sistematicamente il pagamento di IVA e dazi doganali. Fulcro di questo presunto meccanismo illecito sarebbe una rete di circa settanta “prestanome”.

L’operazione della Guardia di Finanza e i sequestri

L’inchiesta, guidata dal pubblico ministero Elio Ramondini, ha visto un’accelerazione con le recenti perquisizioni effettuate dalle Fiamme Gialle nella sede milanese di Amazon e in vari poli logistici. In particolare, nel centro di Cividate al Piano, in provincia di Bergamo, sono stati sequestrati circa 5mila prodotti. Questo sequestro si aggiunge a quello ben più massiccio, di circa mezzo milione di articoli, effettuato nei mesi precedenti nell’ambito della stessa indagine. Durante le perquisizioni, gli investigatori hanno acquisito documentazione cruciale, tra cui contratti, organigrammi societari e materiale informatico, con l’obiettivo di identificare i responsabili all’interno del colosso dell’e-commerce che, secondo l’accusa, sarebbero stati consapevoli della provenienza extraeuropea della merce e del sistema fraudolento.

Il meccanismo della frode: società “schermo” e prestanome

Il cuore dell’indagine ruota attorno a una rete di venditori, formalmente titolari di società, che si sarebbero rivelati meri prestanome. Queste società “schermo”, secondo quanto emerge dagli atti, non avrebbero avuto una reale struttura operativa, essendo prive di uffici o depositi idonei a svolgere un’attività d’impresa e a stoccare la merce. I titolari di queste entità fittizie, in alcuni casi, risultavano essere persone la cui unica fonte di reddito erano sussidi statali o pensioni, del tutto incompatibili con un’attività imprenditoriale di import-export. La gestione effettiva sarebbe stata in mano ad amministratori di fatto, che avrebbero utilizzato la piattaforma e la logistica di Amazon per introdurre nel mercato italiano prodotti a basso costo, tipicamente dal valore compreso tra 1 e 5 euro, senza versare le imposte dovute all’erario.

Il collegamento con la maxi evasione da 1,2 miliardi di euro

Questo filone d’indagine sul contrabbando non è un caso isolato, ma nasce come una “costola” di un’inchiesta ben più ampia che vede indagata Amazon, insieme a tre suoi manager, per una presunta maxi evasione fiscale da oltre 1,2 miliardi di euro. Quest’ultima indagine, che riguarda le vendite a distanza in Italia tra il 2019 e il 2021, è prossima alla chiusura. Le autorità stanno esaminando se il modello di business del colosso statunitense abbia rispettato la complessa normativa fiscale italiana ed europea, tracciando i percorsi della merce e la suddivisione dei venditori sulla piattaforma. Sul fronte amministrativo-tributario, è attesa entro dicembre una possibile definizione con l’Agenzia delle Entrate. Le indiscrezioni parlano di un possibile accordo che potrebbe portare Amazon a versare una cifra vicina ai 600 milioni di euro per chiudere il contenzioso.

Le responsabilità e la posizione di Amazon

L’indagine sul contrabbando potrebbe presto portare all’iscrizione nel registro degli indagati di uno o più responsabili del settore movimentazione merci di Amazon. Inoltre, la stessa società rischia di essere chiamata a rispondere in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti, qualora venisse dimostrato che i reati sono stati commessi a suo vantaggio. Da parte sua, Amazon ha dichiarato di non commentare l’indagine in corso, ma ha ribadito il proprio impegno a rispettare tutte le leggi e le normative vigenti, assicurando piena collaborazione con le autorità competenti.

Di veritas

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