Roma – Il dado è tratto. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha sciolto le riserve sulla data del referendum costituzionale confermativo sulla riforma della giustizia, annunciando che gli italiani saranno chiamati alle urne “nella prima metà di marzo”. Parlando con i giornalisti in Transatlantico alla Camera, il Guardasigilli ha spiegato che la tempistica è dettata da precisi vincoli legali: “La legge è abbastanza chiara, ci sono degli step, la Cassazione si è già pronunciata, adesso vi sono dei termini perentori e dilatori, non prima e non dopo un certo limite”. Un’indicazione che pone fine alle speculazioni e apre ufficialmente una campagna referendaria che si preannuncia intensa e cruciale per il futuro assetto della magistratura italiana.
Il cuore della Riforma: Separazione delle Carriere e due CSM
Al centro del quesito referendario, approvato dalla Corte di Cassazione, vi è la legge costituzionale fortemente voluta dal governo Meloni che introduce modifiche sostanziali all’ordinamento giudiziario. Il punto più discusso e qualificante della riforma è senza dubbio la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti (i pubblici ministeri) e giudicanti (i giudici). Con la nuova normativa, le due figure avranno percorsi distinti e non più interscambiabili, una misura che, secondo i sostenitori, mira a garantire una maggiore terzietà del giudice.
Strettamente connessa a questa novità è l’istituzione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura (CSM): uno per la magistratura giudicante e uno per quella requirente. Entrambi gli organi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica. Questa “sdoppiamento” del CSM, nelle parole del ministro Nordio, è fondamentale perché nell’assetto attuale “i pm danno i voti e quindi giudicano l’operato dei giudici che dovrebbero essere terzi e imparziali e questo è assolutamente incompatibile sia con la razionalità sia con i principi del processo accusatorio”.
Nasce l’Alta Corte Disciplinare
Un’altra innovazione di rilievo è la creazione di un’Alta Corte disciplinare, un nuovo organo che avrà il compito di giudicare sugli illeciti commessi dai magistrati di entrambe le carriere. Questa corte sarà composta da quindici giudici, di cui tre nominati dal Presidente della Repubblica tra professori universitari e avvocati di lungo corso, e gli altri dodici estratti a sorte tra magistrati e da un elenco compilato dal Parlamento. L’obiettivo è quello di affidare le valutazioni disciplinari a un organo specifico e altamente qualificato.
L’Iter e il Contesto Politico
La riforma ha completato il suo iter parlamentare con l’approvazione definitiva al Senato il 30 ottobre 2025, con 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Non avendo raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi in entrambe le Camere, come previsto dall’articolo 138 della Costituzione, si è aperta la strada per il referendum confermativo. È importante sottolineare che per questo tipo di consultazione non è previsto un quorum: la riforma sarà approvata se il numero dei “sì” supererà quello dei “no”, indipendentemente dal numero di votanti.
Il Ministro Nordio ha più volte lanciato un appello affinché il dibattito referendario si mantenga su un piano tecnico-giuridico, evitando una politicizzazione che lo trasformerebbe in un voto pro o contro il governo. “Sarebbe catastrofico per la politica e per la magistratura stessa”, ha avvertito il Guardasigilli, auspicando un confronto sereno con l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), che si è mostrata critica verso la riforma. La premier Giorgia Meloni ha definito l’approvazione della legge un “traguardo storico” e un passo verso un sistema più efficiente ed equilibrato, in linea con le democrazie occidentali.
Le Ragioni del Sì e del No
La campagna referendaria vedrà contrapporsi due visioni opposte della giustizia.
- I sostenitori del “sì”, tra cui la maggioranza di governo, ritengono che la separazione delle carriere sia essenziale per garantire l’imparzialità del giudice, distinguendo nettamente chi accusa da chi giudica. La riforma, a loro avviso, allinea l’Italia agli standard delle principali democrazie liberali e rappresenta un mandato ricevuto dagli elettori.
- Il fronte del “no”, che include parte delle opposizioni e l’ANM, teme che la riforma possa minare l’indipendenza della magistratura, in particolare quella inquirente, esponendola a un potenziale controllo da parte del potere esecutivo. I critici sostengono inoltre che il testo non affronti i problemi più urgenti della giustizia, come la lunghezza dei processi e le carenze di organico.
I prossimi mesi saranno decisivi. I cittadini italiani saranno chiamati a esprimere un voto di grande peso, che non solo definirà il futuro assetto della magistratura, ma che avrà anche inevitabili ripercussioni sugli equilibri politici del Paese.
