Celaya, Messico – Le linee di produzione dello stabilimento Honda di Celaya, in Messico, sono tornate a muoversi. Un sospiro di sollievo per il colosso automobilistico giapponese, costretto a un’interruzione forzata di tre settimane che ha messo in luce, ancora una volta, la precarietà delle catene di approvvigionamento globali e il peso crescente della geopolitica nell’industria dei motori. La causa dello stop, avvenuto a fine ottobre, non è stata un problema tecnico o una vertenza sindacale, ma il blocco delle esportazioni di un componente apparentemente piccolo ma assolutamente vitale: i semiconduttori.
Al centro della vicenda si trova Nexperia, una società con sede nei Paesi Bassi ma di proprietà del gigante tecnologico cinese Wingtech Technology. Questi chip, essenziali per il funzionamento di quasi ogni sistema di un’auto moderna, dall’infotainment alle unità di controllo del motore, sono diventati l’epicentro di una contesa internazionale che ha avuto ripercussioni dirette sulle fabbriche di tutto il mondo.
La Genesi di una Crisi Annunciata: un Triangolo tra USA, Olanda e Cina
Per comprendere appieno le ragioni del fermo produttivo di Honda, è necessario fare un passo indietro fino a fine settembre. Su richiesta degli Stati Uniti, preoccupati per il trasferimento di know-how tecnologico verso Pechino, il governo olandese ha deciso di intervenire direttamente nella gestione di Nexperia. Citando “carenze nella governance societaria” e timori per la sicurezza economica europea, L’Aia ha di fatto commissariato l’azienda, sospendendo il CEO cinese Zhang Xuezheng e assumendone il controllo.
La reazione di Pechino non si è fatta attendere. In una mossa di ritorsione, la Cina ha imposto severe restrizioni all’esportazione dei chip prodotti da Nexperia sul proprio territorio. Sebbene Nexperia produca i “wafer” di silicio principalmente in Europa, circa il 70% di questi viene poi inviato in Cina per le cruciali fasi di packaging e assemblaggio finale, prima di essere distribuiti ai clienti globali. Bloccando quest’ultimo anello della catena, la Cina ha di fatto interrotto il flusso di componenti essenziali, colpendo duramente l’industria automobilistica che di quei chip è un cliente primario.
L’Effetto Domino: da Honda a Nissan, l’Automotive in Affanno
L’impatto è stato immediato e severo. Honda ha dovuto sospendere le operazioni a Celaya, un impianto chiave che produce circa 200.000 veicoli all’anno, tra cui il popolare SUV HR-V, destinato principalmente al mercato nordamericano. Ma le conseguenze si sono estese a macchia d’olio, costringendo il produttore a ridurre la capacità produttiva anche negli Stati Uniti e in Canada. A inizio novembre, la seconda casa automobilistica nipponica ha dovuto rivedere al ribasso le sue previsioni di vendita per il Nord America, tagliando le stime di ben 110.000 unità per l’anno fiscale in corso, portandole a 1,57 milioni.
Honda non è stata l’unica vittima. Anche la connazionale Nissan è stata costretta a ridurre la produzione nei suoi stabilimenti in Giappone a causa della medesima interruzione delle forniture, confermando la portata sistemica della crisi.
Una Tregua Diplomatica Sblocca le Linee di Montaggio
La svolta in questa complessa partita a scacchi internazionale è arrivata l’11 novembre. Dopo intense settimane di negoziati diplomatici e pressioni da parte del settore automotive europeo, la Cina ha annunciato la concessione di esenzioni per l’esportazione di semiconduttori destinati a usi civili, a condizione che rispettassero determinati criteri. Quasi contestualmente, il governo olandese ha fatto un passo indietro, sospendendo la sua ingerenza nella gestione di Nexperia e facilitando così il ripristino delle catene di approvvigionamento. Questa de-escalation ha permesso di riaprire i rubinetti delle forniture, consentendo a Honda di riavviare finalmente la produzione a Celaya.
Lezioni per il Futuro: Oltre la Crisi Immediata
Sebbene l’emergenza immediata sembri rientrata, questo episodio lascia in eredità importanti riflessioni per il futuro dell’industria automobilistica e non solo. La “guerra dei chip” tra Stati Uniti e Cina ha dimostrato quanto le supply chain globalizzate siano vulnerabili a shock geopolitici. La dipendenza da un numero limitato di paesi per la produzione e l’assemblaggio di componenti tecnologici critici rappresenta un rischio strategico che i costruttori non possono più ignorare.
L’incidente di Nexperia accelererà probabilmente le strategie di reshoring e friend-shoring, con un aumento degli investimenti per la costruzione di fabbriche di semiconduttori in Europa e Nord America. Un processo, tuttavia, lungo e costoso che non offrirà soluzioni nel breve termine. Nel frattempo, i consumatori potrebbero dover affrontare una maggiore volatilità nei prezzi e nei tempi di consegna delle nuove vetture, riflesso diretto di un mondo in cui la produzione di un’automobile è indissolubilmente legata agli equilibri di potere globali.
