In una società che ancora conta le sue vittime di violenza di genere, l’educazione diventa il primo e più potente strumento di prevenzione. È questo il cuore del messaggio lanciato da Mario Puiatti, presidente dell’AIED (Associazione Italiana per l’Educazione Demografica), alla vigilia del 25 Novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un appello forte e chiaro al mondo della politica e della scuola: è “opportuno, necessario e ormai urgente promuovere nella scuola un’educazione all’affettività, alla sessualità e alla salute riproduttiva in modo formale”.
Secondo Puiatti, “informazione, istruzione, educazione di qualità sono fattori che determinano la crescita positiva di una società”. Queste parole, pronunciate in un momento simbolico, non sono solo una dichiarazione di intenti ma una precisa indicazione di rotta. L’obiettivo è fornire alle nuove generazioni, fin dalla tenera età, gli strumenti culturali ed emotivi per decostruire gli stereotipi alla base della violenza e costruire relazioni sane. Un percorso educativo formale, secondo l’AIED, aiuterebbe “bambini e bambine e adolescenti, a sviluppare atteggiamenti positivi e responsabili verso la sessualità, ponendoli nelle condizioni di compiere scelte informate e consapevoli”.
Una Battaglia Culturale Contro Pregiudizio e Disinformazione
L’appello di Puiatti si inserisce in un dibattito nazionale acceso e spesso polarizzato. Il presidente dell’AIED non esita a definire le resistenze a questo tipo di percorsi formativi come “rumore di fondo, l’ultimo sguaiato tentativo di trattenere il nostro paese in un’epoca che ha fatto del pregiudizio lo strumento per mantenere il potere”. Questa affermazione evidenzia la natura profondamente culturale della sfida. L’Italia, infatti, è uno dei pochi Paesi europei a non avere ancora un programma ministeriale obbligatorio sull’educazione sessuale e affettiva, lasciando l’iniziativa alla sensibilità di singole scuole o insegnanti.
Il contesto attuale vede la discussione di disegni di legge, come il cosiddetto DDL Valditara, che propongono di vincolare tali attività al consenso informato e scritto dei genitori, vietandole di fatto nelle scuole medie se tenute da esperti esterni. L’AIED ha definito questa proposta “un grave atto di disimpegno dello Stato nei confronti delle nuove generazioni” e una forma di “censura preventiva” che lascia “soli gli insegnanti e disarmati i ragazzi di fronte a violenza, sessismo e disinformazione”.
I Dati della Violenza: Un’Urgenza Non Più Rimandabile
La richiesta dell’AIED è sostenuta da dati drammatici. Secondo le stime preliminari dell’Istat per il 2025, quasi una donna su tre in Italia (il 31,9%, circa 6,4 milioni) ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della vita. La violenza più grave avviene spesso tra le mura domestiche: i partner o ex partner sono responsabili della maggioranza degli stupri (62,7%) e delle violenze fisiche. Questi numeri non sono solo statistiche, ma rappresentano storie di sofferenza che chiamano in causa un modello culturale da scardinare.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da tempo sottolinea come un’educazione sessuale e affettiva completa e di alta qualità sia uno strumento cruciale per la prevenzione della violenza di genere, promuovendo concetti come il consenso, il rispetto reciproco e la parità di genere. L’AIED, in linea con gli standard dell’OMS, insiste che questa formazione debba iniziare fin dalla scuola dell’infanzia, “perché è a questa età che si inizia a capire la diversità dei corpi, la tolleranza, il rispetto e le molteplici espressioni dell’amore e dell’affetto”.
La Società Civile è Pronta: Famiglie e Studenti Chiedono un Cambiamento
Contrariamente a una narrazione che vede le famiglie come ostili, diverse indagini mostrano un’ampia apertura. Un sondaggio citato da Amnesty Italia rivela che il 93% degli intervistati chiede l’introduzione di programmi di educazione affettiva e il 94% sostiene anche l’educazione sessuale. Anche una survey di Nomisma per Coop Italia conferma che le famiglie sono consapevoli dell’importanza di questi corsi, pur esprimendo preoccupazione per la necessità di personale competente e preparato.
La spinta arriva anche dal basso, dagli studenti stessi, che dopo episodi di cronaca come il femminicidio di Giulia Cecchettin, hanno riacceso il dibattito con forza, chiedendo spazi di dialogo e formazione nelle scuole. L’assenza di un’educazione formale, infatti, lascia i giovani in balia di fonti non verificate, principalmente social media e pornografia, che veicolano modelli distorti e pericolosi di sessualità e relazioni.
L’appello dell’AIED, quindi, non è una voce isolata, ma si fa portavoce di un’esigenza diffusa e non più ignorabile. Introdurre l’educazione all’affettività e al rispetto nelle scuole non è una questione ideologica, ma un investimento fondamentale per la salute pubblica e per la costruzione di una società più giusta, consapevole e libera dalla violenza.
