Un passato da boss mafioso e collaboratore di giustizia
Angelo Mascali, 64 anni, ha avuto un passato criminale di rilievo come membro della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, una delle strutture di vertice di Cosa nostra a Catania. Con un ruolo di comando e gestione militare, Mascali era una figura chiave nell’organizzazione. Tuttavia, nell’agosto del 1998, decise di collaborare con la giustizia, fornendo importanti testimonianze in vari processi di mafia. Le sue rivelazioni hanno contribuito a delineare l’organigramma dell’associazione mafiosa e le infiltrazioni di Cosa Nostra catanese nelle attività economiche. Nonostante il suo contributo alla giustizia, il programma di protezione per Mascali è stato revocato nel 2023 a causa di reati commessi mentre era sotto protezione, un epilogo che ha segnato l’inizio di una nuova fase nella sua vita, purtroppo segnata dal ritorno al crimine.
La nuova accusa: capo di una banda di rapinatori
Secondo le accuse della Procura di Catania, Angelo Mascali sarebbe tornato a capo di una banda criminale, specializzata in rapine ai danni di autotrasportatori. Il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per lui e per altri quattro presunti complici, con le accuse di rapina aggravata in concorso e porto illegale di armi. I cinque sono stati arrestati dai carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria della Procura e del nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania. Le indagini dei carabinieri avrebbero rivelato che Mascali, sfruttando il suo radicamento nel territorio, avrebbe creato un gruppo composto prevalentemente da familiari, specializzato nella commissione di violente rapine.
I dettagli delle rapine contestate
Le indagini si concentrano su due episodi specifici, avvenuti l’8 maggio e il 20 giugno scorsi. In entrambi i casi, le vittime erano autotrasportatori provenienti dalle province di Palermo e di Enna, attirati con l’inganno nelle sedi di Catania di imprese specializzate nel recupero, trattamento e vendita di materiale ferroso. Nel primo episodio, alla vittima era stato promesso l’acquisto di materiale per 10.000 euro, ma è stata invece rapinata del denaro contante che aveva con sé da quattro dei cinque indagati. Uno dei rapinatori avrebbe colpito la vittima alla testa e al volto con il calcio di una pistola. Nel secondo episodio, l’autotrasportatore è stato invitato a recarsi nella ditta di uno degli arrestati per riscuotere 15.800 euro, dovuti per precedenti conferimenti di rottami. Dopo aver ricevuto il pagamento, l’autotrasportatore è stato raggiunto dai rapinatori, fermato, minacciato di morte e rapinato del denaro appena ricevuto e di ulteriori 500 euro che aveva nel portafoglio.
Un ritorno al passato che solleva interrogativi
La vicenda di Angelo Mascali solleva interrogativi inquietanti sul sistema di protezione dei collaboratori di giustizia e sulla loro capacità di reinserirsi nella società. Il suo ritorno al crimine, dopo aver contribuito a smantellare importanti strutture mafiose, rappresenta un fallimento per lo Stato e una sconfitta per chi crede nella possibilità di redenzione. Questo caso impone una riflessione approfondita sulle misure di sostegno e controllo necessarie per evitare che ex criminali, una volta usciti dal programma di protezione, tornino a delinquere, vanificando gli sforzi compiuti e mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini.
