L’annuncio della scomparsa e l’eredità di un’icona

Il 25 ottobre, all’età di 70 anni, si è spento Björn Andrésen, l’attore svedese divenuto celebre per il suo ruolo di Tadzio nel film ‘Morte a Venezia’ di Luchino Visconti. La notizia è stata diffusa da Kristian Petri, co-regista del documentario ‘The Most Beautiful Boy in the World’, dedicato alla vita dell’attore, al quotidiano svedese ‘Dagens Nyheter’. Le cause della morte non sono state rese note.
Andrésen, scoperto giovanissimo a soli 15 anni, incarnò con la sua bellezza eterea e androgina il personaggio di Tadzio, il giovane di cui si invaghisce il protagonista Gustav von Aschenbach, interpretato da Dirk Bogarde, nell’adattamento cinematografico del romanzo di Thomas Mann.

‘Morte a Venezia’ e l’appellativo che segnò una vita

La performance di Andrésen in ‘Morte a Venezia’ lo catapultò nell’olimpo delle star, ma l’appellativo di ‘il ragazzo più bello del mondo’, affibbiatogli da Visconti durante la première del film, divenne un’arma a doppio taglio. L’attore, infatti, rivelò più volte quanto quell’etichetta avesse influenzato negativamente la sua vita personale e professionale, facendolo sentire come un ‘animale esotico in gabbia’.
Il rapporto con Visconti si interruppe bruscamente dopo l’uscita del film, lasciando in Andrésen un senso di incompiutezza e frustrazione. In un’intervista al Guardian, l’attore dichiarò che, se Visconti fosse stato ancora vivo, gli avrebbe detto di ‘andare al diavolo’.

Una carriera tra alti e bassi e l’ispirazione per Lady Oscar

Nonostante il successo precoce, la vita di Andrésen fu segnata da eccessi e depressione. Tuttavia, l’attore continuò a lavorare nel mondo dello spettacolo, partecipando a diverse produzioni cinematografiche, tra cui ‘Midsommar – Il villaggio dei dannati’ di Ari Aster nel 2019.
La sua bellezza androgina e iconica ispirò anche il personaggio di Lady Oscar, la protagonista del celebre manga giapponese.

Un talento intrappolato in un’immagine

La storia di Björn Andrésen è una riflessione amara sul peso della fama e sulla difficoltà di sfuggire a un’immagine imposta. Un talento che, pur avendo brillato intensamente, ha dovuto fare i conti con le ombre di un successo precoce e con un’etichetta che lo ha accompagnato per tutta la vita, limitandone, forse, le potenzialità espressive.

Di euterpe

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