La Cgil all’Attacco: Incostituzionalità e Impatto Retroattivo
La Cgil ha espresso forti preoccupazioni riguardo all’intervento sulle aliquote di rendimento per le pensioni dei dipendenti degli enti locali, della sanità, della scuola e degli uffici giudiziari. Il sindacato ritiene che tale intervento sia incostituzionale, in quanto colpisce retroattivamente l’importo delle pensioni future, violando i principi di certezza del diritto. La legge di Bilancio per il 2024 ha introdotto una modifica che prevede per queste categorie di lavoratori un’aliquota di rendimento per la parte retributiva (anni precedenti al 1996) portata al 2,5% annuo, alterando il sistema precedente che offriva aliquote più favorevoli a chi aveva meno di 15 anni di contributi con il calcolo retributivo.
La Stretta dell’Inps: Tagli Anche per la Pensione di Vecchiaia
Un ulteriore elemento di preoccupazione è emerso con il messaggio pubblicato dall’Inps, che estende il taglio anche a chi va in pensione all’età di vecchiaia, a meno che il passaggio non sia diretto dal lavoro pubblico. Questo significa che, anche raggiungendo l’età pensionabile di 67 anni, i lavoratori che hanno interrotto il rapporto di lavoro prima di tale soglia non avranno diritto alle vecchie aliquote. Tale interpretazione restrittiva aggrava ulteriormente la situazione, ampliando la platea dei soggetti colpiti dalla riforma.
Impatto Economico e Proiezioni Future
Secondo le stime della Cgil, entro il 2043, oltre 730.000 lavoratori del settore pubblico saranno penalizzati da questa misura, con un taglio complessivo stimato in 33 miliardi di euro a regime. L’ufficio politiche previdenziali della Cgil ha calcolato che gli effetti saranno particolarmente pesanti per chi ha un solo anno nel retributivo, con riduzioni significative a seconda dell’importo della pensione: 6.177 euro per pensioni da 30.000 euro annui, 10.296 euro per pensioni da 50.000 euro e 14.415 euro per pensioni da 70.000 euro annui. Anche chi ha iniziato a versare contributi nel 1983 subirà una riduzione, seppur minore, che varia da 927 euro per chi ha un assegno di 30.000 euro a 2.163 euro per chi ne ha uno di 70.000 euro.
Reazioni e Prospettive
La Cgil ha annunciato che si opporrà con forza a questa misura, ritenendola lesiva dei diritti dei lavoratori e contraria ai principi costituzionali. Il sindacato sta valutando tutte le possibili azioni legali e di mobilitazione per contrastare questo intervento, che rischia di impoverire ulteriormente il sistema previdenziale e di penalizzare una vasta platea di dipendenti pubblici. La questione è destinata a generare un ampio dibattito e a mettere sotto pressione il governo, chiamato a trovare soluzioni alternative che tutelino i diritti acquisiti e garantiscano un futuro previdenziale dignitoso per tutti i lavoratori.
Riflessioni sul Futuro del Sistema Pensionistico Italiano
La vicenda solleva interrogativi profondi sulla sostenibilità e l’equità del sistema pensionistico italiano. Mentre la necessità di interventi per garantire la tenuta dei conti pubblici è innegabile, è fondamentale che tali interventi non penalizzino in modo sproporzionato i lavoratori, soprattutto quelli che hanno dedicato una vita al servizio dello Stato. La retroattività delle misure, in particolare, appare una scelta discutibile, che mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nel sistema previdenziale. È auspicabile che il governo e le parti sociali trovino un terreno di confronto per individuare soluzioni condivise, che coniughino la sostenibilità finanziaria con la tutela dei diritti dei lavoratori.
