Il nodo della riforma Rai: indipendenza o controllo politico?

La riforma della Rai è al centro di un acceso dibattito politico, con la maggioranza che punta a un maggiore coinvolgimento del Parlamento nella nomina del Consiglio di Amministrazione (CDA) e le opposizioni che temono una “occupazione politica” da parte del governo. Il testo base della riforma, presentato dalla maggioranza e frutto del lavoro del comitato ristretto per l’adeguamento delle norme italiane all’European Media Freedom Act, prevede l’elezione di sei membri del CDA da parte del Parlamento e introduce nuove modalità di voto, con la maggioranza assoluta richiesta dal terzo scrutinio in poi anche per la ratifica del presidente.
Questa proposta, che il centrodestra vorrebbe portare in aula al Senato già tra settembre e ottobre, è stata presentata proprio nel giorno in cui il Presidente Mattarella ha stigmatizzato lo stallo sulla nomina del presidente della Vigilanza, definendo la situazione “sconfortante” e sottolineando che “la libertà vive del funzionamento delle istituzioni, non della loro paralisi”.

Le reazioni politiche: un muro contro muro

Nonostante le rassicurazioni della maggioranza, che afferma di aver preso spunto anche dai disegni di legge dell’opposizione, il testo base della riforma ha suscitato un’immediata reazione negativa da parte delle opposizioni (Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva, Azione, +Europa), che lo definiscono “irricevibile” e lo accusano di mirare a una vera e propria occupazione politica della Rai.
La Presidente della Vigilanza, Barbara Floridia, ha espresso preoccupazioni simili, sottolineando che la nuova composizione del consiglio, con sei membri su sette di derivazione parlamentare e nomine che possono essere accordate a maggioranza assoluta dopo le prime due votazioni, ripropone il rischio di una Rai ostaggio della maggioranza di turno. Il capogruppo del PD in Vigilanza, Stefano Graziano, ha addirittura accusato il testo di dare pieni poteri ai partiti di governo, offrendo loro la possibilità di eleggersi da soli tutti i consiglieri di amministrazione e anche il presidente della Rai.
Di contro, la maggioranza difende la proposta come un modo per restituire al Parlamento la piena centralità e cancellare i difetti introdotti in passato. Francesco Filini, capogruppo di Fdi nella bicamerale, ha criticato l’atteggiamento della sinistra, accusandola di sollevare il problema dell’ingerenza dell’esecutivo sul servizio pubblico solo quando è all’opposizione. Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, ha definito la proposta “moderna”.

I punti chiave della riforma: risorse, partecipazioni e influencer

Oltre alla questione della nomina del CDA, la riforma interviene su diversi aspetti del servizio pubblico radiotelevisivo. Tra i punti chiave, la certezza delle risorse, con un taglio massimo al canone previsto solo in presenza di condizioni eccezionali e comunque non superiore al 5% rispetto all’anno precedente. Questa potenziale riduzione è stata definita “accettabile” dalla Lega, pur non ritenendola sufficiente.
La riforma prevede anche la possibilità per la Rai di cedere quote delle proprie partecipazioni in società controllate, mantenendo comunque il controllo societario per quanto riguarda le società non quotate. Viene inoltre introdotto un canale interamente dedicato alla trasmissione di programmi e rubriche di promozione culturale, privo di pubblicità e televendite.
Infine, la riforma interviene anche sul fenomeno degli influencer, stabilendo che, in quanto assimilabili ai fornitori di servizi di media audiovisivi, siano sottoposti alla giurisdizione nazionale.

Un equilibrio difficile tra indipendenza e responsabilità

La riforma della Rai si presenta come un tentativo di bilanciare l’indipendenza del servizio pubblico dalla politica con la necessità di garantire una sua gestione responsabile e trasparente. Tuttavia, le diverse visioni delle forze politiche in campo rendono difficile trovare un punto di equilibrio che soddisfi tutti. Sarà fondamentale monitorare attentamente l’evoluzione del dibattito parlamentare e l’applicazione della riforma, al fine di valutare se essa riuscirà effettivamente a garantire un servizio pubblico di qualità, indipendente e pluralista.

Di veritas

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