L’Orrore in Via D’Amelio: Cronaca di un Attentato
Il 19 luglio 1992, alle ore 17:15, Palermo è stata sconvolta da un’esplosione devastante in via Mariano D’Amelio, nei pressi della Fiera del Mediterraneo. Un’autobomba, una Fiat 600 carica di tritolo, è esplosa davanti al numero 21, l’abitazione della madre e della sorella del giudice Paolo Borsellino. La deflagrazione è stata udita a chilometri di distanza, scatenando il panico e l’orrore in tutta la città.
Sul luogo dell’attentato sono immediatamente confluite le forze dell’ordine e le ambulanze, che hanno trasportato decine di feriti negli ospedali Villa Sofia, Cervello e Civico. Tra le vittime, oltre al giudice Borsellino, figurano cinque agenti della sua scorta e numerosi civili. La zona è stata sorvolata dagli elicotteri della polizia e dei carabinieri, mentre i soccorritori cercavano di prestare aiuto ai sopravvissuti e di recuperare i corpi delle vittime.
Un Magistrato Simbolo della Lotta Antimafia
Paolo Borsellino, magistrato simbolo della lotta alla mafia, era impegnato in prima linea contro la criminalità organizzata siciliana. Insieme al collega e amico Giovanni Falcone, assassinato nella strage di Capaci il 23 maggio dello stesso anno, Borsellino aveva dedicato la sua vita a combattere Cosa Nostra, portando avanti indagini cruciali e processi importanti. La sua morte rappresenta una grave perdita per la giustizia italiana e un duro colpo per la lotta alla mafia.
L’attentato di via D’Amelio, avvenuto a soli 57 giorni dalla strage di Capaci, ha evidenziato la ferocia e la determinazione della mafia nel colpire lo Stato e i suoi rappresentanti più impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. La morte di Borsellino ha suscitato sdegno e commozione in tutta Italia, spingendo la società civile a reagire e a chiedere giustizia per le vittime della mafia.
Distruzione e Dolore: le Testimonianze
La violenza dell’esplosione ha causato ingenti danni all’edificio di via D’Amelio, con muri lesionati, parti crollate e infissi divelti fino all’undicesimo piano. Il manto stradale è stato sconvolto per una lunghezza di duecento metri, mentre le automobili parcheggiate lungo la strada sono state distrutte dalle fiamme. Alcuni rottami dell’autobomba sono stati ritrovati a cinquanta metri di distanza, in un giardino dietro un muretto.
Le testimonianze dei residenti della zona raccontano scene di panico e disperazione. Mauro e Donata Bartolotta, una coppia che abitava al piano terra dell’edificio, hanno raccontato di essere stati sbalzati a terra da un boato terrificante, simile a un terremoto. Altri testimoni hanno riferito di aver visto persone lanciarsi dalle finestre per sfuggire alle fiamme e al fumo denso che avvolgeva la strada.
Il dolore e la disperazione hanno colpito anche i familiari di Borsellino. Il figlio Manfredi, di vent’anni, è stato visto aggirarsi sul luogo della strage, tenendosi a distanza nel timore di apprendere la terribile notizia. Il suocero, Angelo Piraino Leto, magistrato in pensione, è giunto in via D’Amelio sorretto dal giudice Salvatore Scaduto, ripetendo: ”Voglio andare da Paolo, voglio vedere Paolo, portatemi da Paolo”. La moglie di Borsellino, Agnese, è rimasta nella sua casa in preda a malore, in attesa di notizie che nessuno aveva il coraggio di darle.
Un Attentato che Ha Segnato la Storia d’Italia
La strage di via D’Amelio rappresenta una ferita ancora aperta nella storia d’Italia. La morte di Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta ha segnato un punto di svolta nella lotta alla mafia, spingendo lo Stato e la società civile a intensificare gli sforzi per contrastare la criminalità organizzata. A distanza di anni, la memoria di Borsellino e delle vittime della strage di via D’Amelio rimane viva, come monito e come esempio di impegno civile e di sacrificio per la giustizia e la legalità.
