Indagini concluse: Meta accusata di evasione fiscale per 887 milioni di euro
La Procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti dei rappresentanti legali di Meta Platforms Ireland Limited, la società che gestisce i social network Facebook e Instagram. L’accusa è di evasione fiscale per una cifra astronomica: oltre 887 milioni di euro. Il procuratore Marcello Viola ha reso noto la conclusione delle indagini con un comunicato stampa. L’indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza, ha evidenziato una mancata presentazione della dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) da parte di Meta per gli anni che vanno dal 2015 al 2021.
Secondo le indagini, Meta avrebbe omesso di dichiarare un imponibile pari a 3.989.197.744,05 euro, ossia quasi 4 miliardi di euro. L’Iva evasa, secondo la Procura, ammonterebbe a 887.623.503,69 euro.
Il reato contestato è quello di ‘Omessa Dichiarazione’ ai fini Iva, come previsto dall’articolo 5, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000. L’accusa si basa sul presupposto che Meta, in qualità di soggetto erogatore del servizio e titolare del trattamento dei dati degli utenti, avrebbe dovuto dichiarare l’Iva sui guadagni derivanti dall’iscrizione gratuita sulle piattaforme social.
La Procura sostiene che l’iscrizione gratuita sia in realtà una sorta di ‘fee’ pagata dagli utenti, che mettono a disposizione i propri dati personali e si sottopongono a una potenziale profilazione. Questo scambio, pur essendo formalmente gratuito, genera un profitto per Meta, che secondo la Procura dovrebbe essere tassato con l’Iva.
L’Iva non versata riguarda l’iscrizione degli utenti
Il fulcro dell’accusa di evasione fiscale nei confronti di Meta si basa sul fatto che l’iscrizione gratuita alle piattaforme social, Facebook e Instagram, non è realmente gratuita. Secondo la Procura, l’utente che si iscrive a questi social network mette a disposizione i propri dati personali, i quali vengono poi utilizzati per la profilazione. Questo scambio, pur non comportando un pagamento diretto, genera un profitto per Meta.
La Procura sostiene che questo profitto, derivante dall’utilizzo dei dati personali degli utenti, dovrebbe essere tassato con l’Iva. La mancata dichiarazione di questo imponibile da parte di Meta per gli anni dal 2015 al 2021 ha portato all’accusa di evasione fiscale.
Questo caso solleva importanti questioni sul trattamento dei dati personali e la loro monetizzazione da parte delle grandi aziende tech. Si apre un dibattito su come le piattaforme social, che si basano sulla raccolta e l’utilizzo dei dati degli utenti, debbano essere tassate.
Considerazioni sull’evasione fiscale di Meta
Questo caso di presunta evasione fiscale da parte di Meta solleva interrogativi importanti sul rapporto tra le grandi aziende tech e la fiscalità. L’accusa di non aver dichiarato l’Iva sui guadagni derivanti dall’iscrizione degli utenti, pur essendo gratuita, apre un dibattito sul valore dei dati personali e sulla loro monetizzazione. È fondamentale che le aziende tech siano tenute a rispettare le leggi fiscali in ogni paese in cui operano, garantendo trasparenza e equità nel trattamento dei dati degli utenti.
La vicenda potrebbe avere un impatto significativo sul settore tech, soprattutto in Europa, dove le autorità stanno sempre più attenzionando le pratiche fiscali delle grandi aziende. La conclusione delle indagini da parte della Procura di Milano potrebbe aprire la strada a ulteriori accertamenti e sanzioni per Meta, con possibili conseguenze anche per il modo in cui le piattaforme social gestiscono i dati degli utenti.