Un processo per omicidio volontario
Ahmed Mustak, 44 anni, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio volontario per la morte della moglie Sharmin Sultana, 32 anni. Il processo, in corte d’assise a Genova, inizierà il 9 gennaio. L’uomo, difeso dall’avvocata Vittoria Garbarini, era stato arrestato a inizio anno e aveva inizialmente sostenuto che la morte della moglie fosse un suicidio. Nelle ultime settimane aveva cambiato versione parlando di una caduta accidentale dopo una lite, ma il giudice per l’udienza preliminare Matteo Buffoni non ha accolto questa tesi e ha lasciato l’accusa di omicidio volontario ipotizzata dalla pm.
Un quadro di violenza domestica
Le indagini, condotte dai carabinieri coordinati dal pubblico ministero Marcello Maresca, hanno rivelato un quadro di violenza domestica. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Mustak vessava continuamente la donna che usava i social come Tik Tok e voleva emanciparsi. La morte era avvenuta a marzo 2023 nel quartiere di Sestri Ponente a Genova.Inizialmente si era pensato a un suicidio, ma anche i familiari della donna avevano espresso dubbi sul marito. Sharmin Sultana era precipitata dalla finestra di casa ed era caduta in strada in via Emanuele Ferro, poco lontano dallo stabilimento di Fincantieri dove lavorava il marito. In casa, quel giorno, oltre ai figli c’era anche l’uomo che ai carabinieri aveva detto di non avere sentito nulla perché era a letto e non si sentiva bene.
La testimonianza dei figli e il disegno
La svolta nelle indagini è arrivata grazie al racconto del figlio più grande e a un suo disegno. Secondo quanto raccontato dai figli di 7 e 10 anni, il padre picchiava spesso la madre perché stava al telefonino e faceva video sui social. “Papà si è arrabbiato e ha sbattuto la testa della mamma a terra”, una delle loro drammatiche testimonianze.Sharmin, hanno ricostruito gli investigatori, aveva anche deciso di cercare un lavoro, ma il marito non era d’accordo.
Un caso di femminicidio che solleva interrogativi
Questo caso di femminicidio, con la sua tragica storia di violenza domestica e di un uomo che cercava di controllare la moglie, solleva interrogativi importanti sul ruolo della società nel prevenire e contrastare la violenza di genere. È necessario un impegno collettivo per riconoscere i segnali di pericolo e per fornire alle vittime di violenza domestica il supporto necessario per uscire da situazioni di pericolo. La testimonianza dei figli, che hanno assistito alla violenza del padre, è un monito per tutti noi: la violenza domestica non è un problema privato, ma un problema sociale che richiede un intervento immediato e concreto.