Il dolore di un padre e la ricerca di giustizia
A un anno dalla tragedia di Brandizzo, che ha visto la morte di cinque operai falciati da un treno mentre lavoravano alla sostituzione dei binari, il dolore delle famiglie delle vittime è ancora vivo e la ricerca di giustizia è incessante. Massimo Laganà, padre di Kevin, la vittima più giovane con i suoi 22 anni, racconta la sua esperienza in un’intervista all’ANSA, descrivendo un anno di vuoto e di rabbia.
“Cosa è cambiato in un anno? Nulla. Io sono rimasto al 30 agosto del 2023, e da allora non abbiamo più notizie. Siamo fermi lì e tutto questo silenzio ci fa male. Ma vogliamo giustizia per mio figlio e per i suoi colleghi”, afferma Laganà, con voce carica di dolore.
Sull’androne di casa, a Vercelli, sono ancora presenti mazzi di fiori, ceri e fotografie di Kevin, a testimonianza del profondo dolore che ha colpito la famiglia. Un manifesto appeso al muro elenca gli appuntamenti previsti per le celebrazioni del primo anniversario dell’incidente a Brandizzo, con un messaggio che rivela l’amore e la memoria che il padre nutre per il figlio: “Noi sappiamo che là, dove ora tu sei, continui ad amare tutti coloro che ti sono cari. Con tanto amore, papà Massimo, il fratello Antonino e tutti gli amici”.
Laganà denuncia l’assenza di vicinanza da parte delle istituzioni e la mancanza di risposte concrete: “Io come padre l’ho sempre amato e protetto, ho sempre chiesto giustizia e sempre la chiederò. Vicinanza da parte delle istituzioni? Zero. Non si è visto nessuno, neanche un piccolo cenno da parte dei magistrati per dire alle famiglie ‘state tranquilli, noi siamo con voi’. Di quella notte ricordo la morte, l’inizio della vita senza mio figlio. Quel giorno lì il destino ha portato via pure me”.
Ogni giorno, Massimo si reca al cimitero da Kevin, cercando di mantenere vivo il ricordo del figlio e di trovare conforto nella sua memoria: “Dopo che finisco di lavorare, vado a trovarlo, accendo una sigaretta anche se ho smesso di fumare, e gli faccio compagnia, parliamo e gli dico che papà non si fermerà mai. Continueremo a lottare sempre per ottenere giustizia. Anche se non ho più la possibilità di far tornare indietro mio figlio e i ragazzi, giustizia in qualche modo devono averla”.
Un anno di silenzio e di vuoto
Il racconto di Massimo Laganà è un grido di dolore e di speranza. Un anno dopo la tragedia, la famiglia di Kevin, come le altre famiglie delle vittime, si trova a dover affrontare un vuoto incolmabile e un senso di impotenza di fronte alla mancanza di risposte concrete. Il silenzio delle istituzioni e la lentezza della giustizia aggravano il dolore e la rabbia di chi ha perso un figlio, un fratello, un amico.
La memoria di Kevin e dei suoi colleghi è viva nei cuori di chi li ha amati, ma la ricerca di giustizia continua ad essere un cammino difficile e pieno di ostacoli. La speranza è che la verità possa emergere, che i responsabili siano individuati e che la memoria delle vittime non venga dimenticata.
Riflessioni sulla tragedia e sulle responsabilità
La tragedia di Brandizzo è un drammatico esempio di come la sicurezza sul lavoro non sia ancora garantita in Italia. La morte di cinque giovani operai, mentre svolgevano il loro lavoro, mette in luce la necessità di un’azione decisa per prevenire simili tragedie. È necessario investire in sicurezza sul lavoro, migliorare le procedure di controllo e garantire la formazione adeguata a tutti i lavoratori. La ricerca di giustizia per le vittime è un dovere morale e sociale, ma è anche un’occasione per riflettere sulla responsabilità di tutti gli attori coinvolti, dalle aziende alle istituzioni, nella prevenzione degli incidenti sul lavoro.