Un testimone accusa uno scafista di essere fuggito
Nel corso del processo per il naufragio del caicco Summer Love, avvenuto il 26 febbraio 2023 davanti le coste di Steccato di Cutro, un testimone ha accusato uno degli scafisti di essere fuggito dopo la tragedia. Si tratta di Khalid Arslan, 26 anni, pachistano, imputato nel processo perché ritenuto uno degli scafisti.
Durante il suo esame, Arslan ha mostrato una fotografia tratta da un video, indicando il presunto scafista che si sarebbe allontanato. “Dopo che si è rotta la prima barca sulla quale c’erano due siriani – ha detto – è arrivata la seconda sulla quale siamo saliti. L’equipaggio era di due siriani e tre turchi. Avete arrestato me che ho pagato il viaggio ed ho viaggiato come passeggero, ma avete lasciato libero questo siriano che ho visto andare a riparare il motore più volte, era lui che stava sulla prima barca e che contava le persone e comunicava con gli altri scafisti Guler Bayram (deceduto nel naufragio ndr), Gun Ufuk” (già condannato in abbreviato a 20 anni, ndr). “Lui è scappato”.
Nuovi dettagli sul naufragio
Arslan ha anche rivelato di aver sentito uno dei siriani, nel corso della navigazione, dire che ci sarebbe stata una macchina sulla spiaggia per prelevarli. “Bayram e Ufuk volevano riportare la barca in Turchia, ma questo siriano e l’altro arrestato a Lecce (Mohamed Abdessalem, anche lui condannato a 20 anni in abbreviato, ndr) hanno telefonato in Turchia per fare arrivare una macchina per la fuga”.
L’uomo si è messo a piangere quando ha visto il video del naufragio girato dai pescatori crotonesi che si trovavano sulla spiaggia. In quelle immagini c’è anche lui che va in acqua a salvare una persona. “Il pescatore mi diceva di tornare indietro, ma io sono andato a prendere persone. Ho tolto tante persone, ma anche molti cadaveri dal mare. Se io fossi stato lo scafista sarei scappato”.
La difesa di Khalid Arslan
Riguardo alle accuse di aver collaborato con gli scafisti, l’avvocato Salvatore Perri, difensore di Khalid, ha mostrato la ricevuta del pagamento ed anche il prestito che uno zio aveva fatto al padre dell’uomo per pagare il viaggio, ed anche dei video. “Ho pagato la quota del viaggio come tutti – ha detto Khalid -. Siccome io parlo il turco gli afgani che erano nella barca mi hanno chiesto di fare da traduttore per chiedere di poter andare in coperta quando qualcuno stava male. Io non ho mai collaborato con loro. C’è un video in cui sono al timone, ma lo hanno fatto tutti come un selfie: il timone, si vede, era bloccato: non guidavo la nave. Era solo per una foto. Nel video sono con gli altri passeggeri, io sono come loro, non sono un trafficante”.
Il peso delle testimonianze
Le dichiarazioni di Khalid Arslan, se confermate, potrebbero avere un impatto significativo sul processo. La fuga di uno degli scafisti solleva interrogativi sull’organizzazione del viaggio e sulla responsabilità dei vari soggetti coinvolti. È importante attendere l’esito delle indagini per comprendere appieno le dinamiche dell’incidente e per assicurare che tutti i responsabili siano chiamati a rispondere delle proprie azioni.