La posizione della Cina sulla CPI
La Cina ha espresso la sua preoccupazione per i mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale (CPI) nei confronti del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dei leader di Hamas, chiedendo che la CPI mantenga una posizione ‘obiettiva’ e ‘imparziale’.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha dichiarato che la Cina spera che la CPI ‘eserciti i suoi poteri in conformità con la legge’ e ha sottolineato la necessità di porre fine alla ‘punizione collettiva del popolo palestinese’.
Il contesto dei mandati di arresto
Il procuratore della CPI, Karim Khan, ha richiesto i mandati di arresto per Netanyahu e per i leader di Hamas in relazione alle accuse di crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante il conflitto israelo-palestinese. La CPI sta indagando su possibili crimini commessi nei territori palestinesi occupati, inclusi Gaza e la Cisgiordania, dal 2014.
La richiesta di mandati di arresto è stata accolta con diverse reazioni. Israele ha condannato la decisione della CPI, definendola ‘assurda’ e ‘politicamente motivata’, mentre Hamas ha accolto con favore la mossa, affermando che dimostra la necessità di un processo per i crimini commessi da Israele.
L’impegno della Cina per la pace
La posizione della Cina in questo caso riflette il suo impegno per la pace e la giustizia internazionale. La Cina ha sempre sostenuto la soluzione a due stati per il conflitto israelo-palestinese e ha condannato la violenza da entrambe le parti. Tuttavia, è importante ricordare che la Cina non è un membro della CPI e non è vincolata dalle sue decisioni. La Cina ha espresso preoccupazione per la ‘punizione collettiva del popolo palestinese’, un tema che ha un forte risalto nel discorso cinese sulla giustizia internazionale. La Cina, quindi, potrebbe utilizzare questa situazione per promuovere la sua agenda politica in Medio Oriente e per rafforzare il suo ruolo come mediatore internazionale.