Perquisizione domiciliare per atti vandalici antisemiti
La Digos di Cagliari ha perquisito l’abitazione di un ragazzo di 16 anni sospettato di aver imbrattato la porta d’ingresso del museo ebraico del capoluogo sardo con vernice rossa e scritte antisemite. L’episodio si sarebbe verificato in occasione delle celebrazioni per la Giornata europea della cultura ebraica, il 14 e 15 settembre scorsi.
La denuncia presentata dal presidente dell’associazione Chenàbura Sardos pro Istraele, Mario Carboni, ha fatto scattare le indagini della polizia, che hanno portato alla perquisizione domiciliare del giovane.
Solidarietà e polemiche
Le associazioni antimilitariste e pro Palestina A Foras e Libertade hanno espresso solidarietà al 16enne, definendo la perquisizione domiciliare “un gravissimo episodio di intimidazione poliziesca”. Secondo le associazioni, il giovane sarebbe un “esponente dell’organizzazione giovanile comunista e indipendentista Unigcom, impegnato, nonostante la sua giovane età, nei movimenti in solidarietà del popolo palestinese, contro l’occupazione militare e per l’indipendenza della Sardegna.”
Un caso complesso
Questo caso solleva diverse questioni complesse. Da un lato, la necessità di contrastare l’intolleranza e l’antisemitismo è un imperativo morale e sociale. Dall’altro, è fondamentale garantire il rispetto dei diritti individuali e la presunzione di innocenza. La perquisizione domiciliare è un atto invasivo che deve essere giustificato da prove concrete. È importante che le indagini procedano in modo imparziale e trasparente, garantendo il giusto processo a tutti gli interessati.