Un risveglio nel 1980
Lucio D’Adamo, 68 anni all’anagrafe, si è risvegliato dal coma nel 2019 con la convinzione di avere 24 anni e di vivere nel 1980. La sua memoria si è bloccata al 20 marzo 1980, giorno in cui, a 24 anni, fu investito da un’auto a Monte Mario. Al risveglio in ospedale, si è ritrovato in un mondo sconosciuto, circondato da persone che non riconosceva. La moglie, che lo chiamava Luciano, gli è sembrata una sconosciuta, e suo figlio, un uomo di 35 anni, un’entità impossibile, nata molto prima di lui. Il suo mondo era ancora quello del 1980, con la sua fidanzata di 19 anni e il matrimonio in programma quattro mesi dopo. La realtà, però, era ben diversa: il 20 marzo 2019, a via delle Fornaci, un incidente gli aveva causato un trauma alla testa che gli aveva fatto perdere la memoria degli ultimi decenni di vita.
Un mondo di fantascienza
Il mondo in cui si è risvegliato D’Adamo era un mondo di fantascienza. Non riconosceva le tecnologie moderne, i personaggi politici del dopoguerra, gli eventi storici che avevano segnato il mondo. Non sapeva di aver vinto due scudetti come romanista e due mondiali come italiano, non sapeva di Totti, di Berlusconi, di Tangentopoli e dell’11 settembre. Il suo mondo era rimasto fermo al 1980, un’isola di tempo sospeso in un mare di eventi e cambiamenti.
Una vita da ricostruire
D’Adamo ha capito che la sua vita da uomo adulto era andata persa e non la avrebbe mai più recuperata. Tuttavia, non si è arreso. Con l’aiuto degli psicologi e della moglie, ha iniziato a ricostruire la sua vita, imparando a vivere in un mondo completamente nuovo. Oggi, lavora come manutentore in una scuola, cercando di adattarsi a una realtà che gli è estranea. Il suo rapporto con la moglie è ripartito da zero, un nuovo inizio in un mondo che non gli appartiene più. Il pirata della strada che lo ha investito non è mai stato trovato, lasciando D’Adamo senza un risarcimento per la sua perdita.
La memoria e il tempo
La storia di Lucio D’Adamo ci ricorda la fragilità della memoria e la sua influenza sulla nostra identità. La perdita di decenni di vita lo ha catapultato in un mondo che non gli appartiene più, un mondo che non riconosce e che gli è difficile comprendere. La sua storia ci invita a riflettere sul valore del tempo e sull’importanza di costruire ricordi che ci definiscono come individui.