Un’autobiografia visiva: il processo creativo di Kentridge
“Quando avevo tre anni volevo essere un elefante, ma non ci riuscii; a quindici volevo diventare un direttore di orchestra ma mi fu detto che avrei dovuto conoscere la musica. Così mi ridussi a essere un artista”. Con queste parole, l’artista sudafricano William Kentridge apre la sua serie di nove episodi, “Self-Portrait as A Coffee-Pot”, disponibile in streaming su MUBI. La serie non è solo una raccolta di disegni animati, ma un’immersione nel processo creativo di Kentridge, in cui l’artista si racconta e mette a nudo il suo modo di lavorare.
La serie esplora il concetto di “Torchluss panik”, un termine tedesco che indica la paura di una porta che si chiude, l’ansia che deriva da una scelta che ne preclude altre. Come spiega Kentridge, “Inizi con l’intento di dipingere il quadro dell’universo e finisci per ritrarre una caffettiera”. La caffettiera, o meglio il suo disegno, diventa un simbolo della legge dell’entropia: “facendolo a pezzi si produce il caos”.
La serie è un’esperienza multiforme, che combina animazioni disegnate a mano, collage, performance e musica, nonché dialoghi con il suo alter ego.
Lo spettatore viene accolto nell’intimità dello studio di Kentridge a Johannesburg, dove idee sulla cultura, la storia e la politica, e verità sul modo in cui viviamo e pensiamo oggi vengono portate alla luce attraverso la creazione di opere d’arte.
“Self-Portrait as a Coffee-Pot” è stata girata durante e dopo la pandemia, in un periodo di isolamento e riflessione. La serie appare come un inno alla libertà artistica e al potere dell’immaginazione, anche di fronte alla sfida dell’isolamento in spazi chiusi.
Un’esperienza polemica: l’ottimismo del ‘fare’
Kentridge descrive la serie come “un’esperienza polemica su un modo di lavorare”, una fiducia nel dare a un’immagine il beneficio del dubbio e vedere cosa ne emerge.
“In fondo si tratta di una serie che parla dell’ottimismo del ‘fare’ stesso. C’è un ottimismo intrinseco nell’attività di prendere un foglio bianco all’inizio e avere qualcosa alla fine”, afferma l’artista.
“Self-Portrait as a Coffee-Pot” è un invito a esplorare il processo creativo e a trovare ispirazione nell’atto stesso del fare arte, un atto di fiducia e di speranza.
L’identità multiforme di Kentridge
Kentridge racconta di sentirsi come “un rabbino di 65 anni che cresce dentro di me, altre volte mi sento molto più giovane, oppure una snella ballerina”. La serie ci mostra un artista che si confronta con la sua identità multiforme, con le diverse voci che si agitano dentro di lui.
“Self-Portrait as a Coffee-Pot” è un’esplorazione della complessità dell’essere umano, della sua capacità di adattarsi e di trasformarsi, di essere contemporaneamente diversi e uno.
La serie ci invita a riflettere sulla nostra identità e sulle diverse sfaccettature che la compongono.
Un’immersione nella mente di un artista
“Self-Portrait as a Coffee-Pot” è un’opera che offre un’esperienza intima e riflessiva sullo studio dell’artista. La serie ci permette di entrare nella mente di Kentridge, di vedere il suo processo creativo da vicino, di capire le sue motivazioni e le sue ispirazioni.
La serie è un invito a riflettere sul potere dell’arte, sulla sua capacità di dare forma ai nostri pensieri e alle nostre emozioni, di raccontare storie e di creare mondi.