La protesta degli operai Stellantis di Mirafiori
Gli operai delle carrozzerie di Mirafiori, in cassa integrazione fino al 4 novembre, sono scesi in piazza davanti alla Palazzina di corso Agnelli per un’assemblea pubblica sotto la pioggia. L’iniziativa è stata organizzata unitariamente da tutte le sigle sindacali metalmeccaniche, alla vigilia dello sciopero generale nazionale di domani, venerdì 18 ottobre, con manifestazione a Roma.
Al presidio hanno partecipato anche i cassintegrati della Lear e di altre aziende dell’indotto.
“La mobilitazione dei lavoratori di Stellantis è partita proprio da Torino il 12 aprile con il primo sciopero unitario dei sindacati per chiedere il rilancio dell’auto. C’è stata poi un’altra manifestazione sempre unitaria davanti al Comune due mesi dopo, il 12 giugno. Lo sciopero nazionale di Stellantis e dell’automotive di domani ha avuto una grande spinta dalla mobilitazione torinese” hanno ricordato i sindacati.
La richiesta dei sindacati: un tavolo di trattativa con Stellantis
“Vorrei che chi sta dietro le finestre dei piani alti di questa palazzina, luogo emblematico di Stellantis, ascolti questa voce. Noi non vogliamo rimanere in piazza, vogliamo che si apra un tavolo di trattativa. Non accettiamo che un’azienda come Stellantis abbandoni il confronto al ministero e si limiti a chiedere solo un sostegno economico. Ci vuole una contropartita di impegni, progetti e lavoro” ha detto Rocco Cutrì, segretario generale della Fim di Torino.
Il futuro di Stellantis e l’industria automobilistica italiana
La protesta degli operai Stellantis di Mirafiori evidenzia le profonde preoccupazioni per il futuro dell’industria automobilistica italiana. La richiesta di un tavolo di trattativa con l’azienda va ben oltre la semplice richiesta di sussidi economici. I sindacati chiedono un impegno concreto da parte di Stellantis per il rilancio della produzione e la creazione di nuovi posti di lavoro. Il futuro di Stellantis e dell’industria automobilistica italiana è in gioco, e la mobilitazione degli operai rappresenta un chiaro segnale di allarme per il governo e per l’azienda.