Un ritratto complesso di un imperatore controverso
Livio Zerbini, docente di Storia romana all’Università di Ferrara, ha recentemente pubblicato un saggio intitolato “Commodo” (Salerno Editrice), che si propone di offrire un ritratto completo dell’imperatore figlio di Marco Aurelio. Il libro nasce dalla constatazione che su Commodo, l’ultimo imperatore della dinastia degli Antonini, vi sono poche biografie, e l’intento dell’autore è quello di colmare questo vuoto.
Zerbini, attraverso un’analisi approfondita delle fonti storiche, ci presenta un Commodo diverso da quello dipinto dalla storiografia antica, che lo descriveva come un sovrano debole, indolente e dedito ai vizi. Il saggio svela un personaggio complesso e sfaccettato, che si è confrontato con le sfide del suo tempo con una determinazione e una forza non sempre riconosciute.
L’influenza del culto di Ercole
Commodo, sin da giovane, fu attratto dai culti orientali e nutriva una particolare predilezione per Ercole, che simboleggiava la forza brutale e la potenza fisica. Questa affinità è evidente nel celebre busto di Commodo conservato ai Musei Capitolini, in cui l’imperatore è rappresentato con la clava e la pelle del leone di Nemea, iconografia tipica del dio greco.
La figura di Ercole, con la sua forza e la sua invincibilità, sembra aver influenzato il comportamento di Commodo, che si identificava con il dio e ne rivendicava la potenza. Questo aspetto della sua personalità è evidente nel suo amore per i giochi gladiatori e nella sua ostentazione di forza fisica, che lo spinsero a organizzare spettacoli pubblici in cui si esibiva come gladiatore, sfidando e uccidendo le fiere.
La fine di un regno e la damnatio memoriae
Il principato di Commodo terminò il 31 dicembre del 192 d.C. con una congiura ordita dalla sua concubina preferita Marcia, dal suo cubiculario Ecletto e dal prefetto del pretorio Quinto Emilio Leto. L’imperatore fu strangolato dall’atleta Narcisso e il senato, subito dopo, lo dichiarò nemico pubblico, decretando la damnatio memoriae.
La damnatio memoriae, ovvero la cancellazione dalla memoria pubblica, era una pratica comune nell’antica Roma per punire i nemici dello Stato. Nel caso di Commodo, questa misura fu probabilmente dettata dal desiderio di cancellare la memoria di un sovrano che aveva turbato l’ordine sociale e politico, e che aveva osato sfidare le istituzioni romane.
Un’interpretazione revisionista
Il saggio di Zerbini si inserisce in un filone di studi che si propongono di rivalutare la figura di Commodo, liberandola dai pregiudizi della storiografia antica. L’autore, attraverso un’analisi critica delle fonti e un’attenta ricostruzione degli eventi, ci offre un’interpretazione più sfumata e complessa del personaggio, che tiene conto delle sfide e delle contraddizioni del suo tempo.
Il saggio “Commodo” di Livio Zerbini rappresenta un contributo importante alla comprensione di un imperatore controverso, che ha lasciato un segno indelebile nella storia di Roma. L’autore, con la sua competenza e la sua capacità di analisi, ci offre un’interpretazione revisionista di un personaggio che ha suscitato, e continua a suscitare, un grande fascino e un profondo interesse.
Un’interpretazione equilibrata
Il saggio di Livio Zerbini ci offre una prospettiva equilibrata sulla figura di Commodo, un imperatore che ha lasciato un’eredità complessa e controversa. L’autore, con un approccio attento e critico, ci invita a riconsiderare le fonti storiche e a liberarci dai pregiudizi che hanno spesso offuscato la figura di Commodo, presentandoci un personaggio più sfumato e complesso di quanto la storiografia tradizionale ci abbia fatto credere.