Nessuna guerra, solo stima e amicizia
Il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo, ha smentito l’esistenza di una “guerra” con il procuratore aggiunto di Perugia, Paolo Laudati, durante l’inchiesta sui presunti dossieraggi. In un’audizione in commissione antimafia, Russo ha dichiarato: “Non c’era una guerra tra me e Laudati, tra me e lui c’era stima profonda e amicizia. Cercavo di mettere i paletti. Certo la mia cautela era quella di riportare tutte le funzioni che avvenivano nella Dna nell’ambito delle regole prefissate.”
Russo, all’epoca dei fatti coordinatore del Servizio di contrasto patrimoniale, ha spiegato che la sua cautela era dettata dalla necessità di mantenere un controllo rigido sulle attività svolte all’interno della Dna, l’ufficio Segnalazioni di operazioni sospette. In particolare, Russo ha evidenziato il caso di Striano, un funzionario che aveva una “doppia presenza” in Dna e negli uffici della Guardia di Finanza, un modulo organizzativo adottato da Laudati che, secondo Russo, non era chiaro se fosse stato condiviso con il procuratore nazionale.
Russo ha aggiunto: “Inoltre Striano era refrattario anche al controllo delle sue presenze in Dna e io feci un provvedimento generale che imponeva a tutte le persone che venivano in visita di depositare la firma agli organi di controllo di sicurezza all’ingresso.”
L’opzione organizzativa di Russo
Russo ha sottolineato la sua convinzione sulla “grandissima qualità professionale” di Laudati, ma ha anche evidenziato la sua opzione organizzativa: “qualunque unità di lavoro all’interno della Dna deve prendere indicazioni scritte maniacalmente da parte di un magistrato”. Questa opzione, secondo Russo, era stata segnalata in diverse riunioni, ma non era un segno di conflitto con Laudati: “Lo avevo segnalato in diverse riunioni e non ero in guerra con Laudati”, ha precisato Russo.
Considerazioni
L’audizione di Russo fornisce un’interessante prospettiva sul contesto dell’inchiesta sui presunti dossieraggi a Perugia. L’enfasi sulla stima e l’amicizia con Laudati, sebbene possa sembrare un’affermazione di lealtà, potrebbe anche essere interpretata come un tentativo di distanziare la sua figura da eventuali comportamenti scorretti. La sua opzione organizzativa, con la sua enfasi sulla documentazione scritta e la supervisione da parte dei magistrati, sembra suggerire una preoccupazione per la trasparenza e il controllo, elementi cruciali in un contesto di indagine delicato come quello in questione.