IBM abbandona la Cina: licenziamenti e trasferimento delle attività di ricerca e sviluppo
IBM, l’ultimo grande gruppo tecnologico americano a fare un passo indietro in Cina, ha annunciato il licenziamento di oltre 1.000 dipendenti e il trasferimento delle attività di ricerca e sviluppo in altri Paesi. La decisione, che segue la chiusura del China Research Laboratory (Crl) nel 2021, è stata influenzata dalle dinamiche di mercato e dalla forte concorrenza, ha spiegato Jack Hergenrother, vicepresidente dello Sviluppo dei sistemi aziendali globali di Big Blue.
I licenziamenti riguarderanno gli uffici di Pechino, Shanghai, Dalian e altre sedi dove sono concentrati China Development Lab (Cdl) e China Systems Lab (Csl), i due centri dedicati alla ricerca fondati entrambi nel 1999. La decisione è stata presa in seguito al calo del business delle infrastrutture negli ultimi anni e alle vendite della divisione cinese che sono scese di quasi il 20% nel 2023.
IBM sposterà ricerca e sviluppo più vicino ai clienti al di fuori del Paese, assicurando però la capacità di fornire supporto nella Grande Cina. La strategia si è focalizzata nel creare team per l’offerta di soluzioni su misura ai clienti locali, in particolare alle aziende cinesi private, tra le opportunità legate al cloud ibrido e all’intelligenza artificiale.
Ad alcuni dipendenti è stata data la possibilità di trasferirsi in altri Paesi, mentre ad altri è stata offerta una buonuscita basata sulla durata del loro impiego.
Le ragioni del ritiro di IBM dalla Cina
La decisione di IBM di ritirarsi dalla Cina è stata influenzata da diversi fattori. In primo luogo, il calo del business delle infrastrutture negli ultimi anni e le vendite della divisione cinese che sono scese di quasi il 20% nel 2023. In secondo luogo, la forte concorrenza da parte di aziende cinesi che hanno beneficiato dei favori del governo. Infine, le crescenti tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina.
Nel 2013, i settori Internet e finanziario della Cina avevano accelerato la campagna ‘De-IOE’, sostituendo server e database dei fornitori americani Ibm, Oracle ed Emc con soluzioni nazionali. Di recente, la Cina ha poi intensificato la spinta interna contro prodotti e servizi IT stranieri, in risposta agli sforzi di Washington per impedire a Pechino di acquisire tecnologie avanzate, a partire dai microchip.
Un trend in crescita: il ritiro delle aziende americane dalla Cina
La mossa di IBM arriva mentre nella Repubblica popolare è in corso un più ampio ridimensionamento delle operazioni da parte delle aziende Usa, in nome del controllo del rischio. A maggio, Microsoft si è offerta di trasferire centinaia di dipendenti cinesi impegnati su cloud e intelligenza artificiale di fronte alla stretta Usa sulle tecnologie sensibili. Il gruppo di Redmond, in precedenza, aveva chiuso il suo sito di social network LinkedIn, una delle ultime app occidentali a resistere malgrado le restrizioni di Pechino.
Mentre l’e-bookstore Kindle di Amazon.com ha completato l’ultima fase della sua uscita dal mercato cinese a luglio.
Un segnale di cambiamento geopolitico
Il ritiro di IBM dalla Cina è un segnale importante del cambiamento geopolitico in atto tra Stati Uniti e Cina. La crescente concorrenza e le tensioni politiche stanno spingendo le aziende americane a rivalutare la loro presenza in Cina. Questo trend potrebbe avere un impatto significativo sull’economia globale e sulle relazioni tra i due Paesi.