Esposto alla Procura per Rifiuto di Atti d’Ufficio e Tortura
Martina Oppelli, architetta triestina di 49 anni affetta da sclerosi multipla progressiva, ha presentato un esposto alla Procura di Trieste per “rifiuto di atti d’ufficio e tortura” nei confronti dei medici dell’azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi). L’annuncio è stato dato oggi durante un incontro convocato con l’associazione Luca Coscioni.
Oppelli, che dipende da macchinari, farmaci e assistenza continua per le sue funzioni vitali, ha visto nuovamente respinta la sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito da parte di Asugi.
L’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa di Oppelli, ha dichiarato: “Il nuovo esposto arriva a seguito di ingiustificati rifiuti dell’azienda sanitaria, prima di procedere alle dovute verifiche e poi di riconoscere la sussistenza dei trattamenti di sostegno vitale che tengono Martina Oppelli in vita. Tali condotte ledono la dignità di Martina Oppelli costretta a un trattamento inumano e degradante, condannata a una vera e propria tortura di Stato.”
Accuse di Arbitrarietà e Trattamento Degradante
Secondo l’avvocata Gallo, i medici di Asugi hanno messo in dubbio la necessità della macchina della tosse prescritta da loro stessi tramite il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), fornendo una falsa rappresentazione della condizione di malattia di Oppelli e dei supporti medici che la tengono in vita. Questo rifiuto, basato su tali argomentazioni, è considerato arbitrario e censurabile ai sensi del reato di rifiuto di atti d’ufficio.
Inoltre, Gallo sostiene che la violenza e la crudeltà del trattamento subito da Oppelli, in una condizione di evidente minorata difesa, integrano gli estremi del reato di tortura.
Il collegio legale di Oppelli ha chiesto alla Procura di Trieste di verificare tali condotte e ha annunciato l’intenzione di impugnare il diniego di Asugi in ogni sede.
Considerazioni sul Caso Oppelli
Il caso di Martina Oppelli solleva questioni complesse e delicate riguardanti il diritto alla salute, la dignità della persona e il ruolo del medico. La richiesta di assistenza per il suicidio assistito è un tema controverso che divide l’opinione pubblica e che pone sfide etiche e legali. È importante che la Procura di Trieste conduca un’indagine accurata e imparziale per accertare la veridicità delle accuse mosse da Oppelli e per garantire che i suoi diritti fondamentali siano rispettati. La vicenda pone anche l’attenzione sulla necessità di un dibattito pubblico aperto e informato sul tema del suicidio assistito, in modo da garantire che le decisioni in materia siano prese con la massima sensibilità e rispetto per la dignità umana.