Le ricerche dell’arma del delitto continuano
Le ricerche dell’arma del delitto di Sharon Verzeni, la barista di 33 anni uccisa a Terno d’Isola il 30 luglio, proseguono con l’impiego di metal detector e calamite da parte dei carabinieri e di un gruppo di volontari del ‘Museo Recuperanti’.
Le strade del paese sono state chiuse temporaneamente per permettere le ricerche, che si concentrano nei tombini, nelle siepi e nelle aiuole.
I carabinieri della compagnia di Zogno, del comando di Bergamo e del nucleo investigativo provinciale, affiancati da un gruppo di volontari del ‘Museo Recuperanti’, in sigla ‘Mu.re’, di Toscolano Maderno (in provincia di Brescia), armati di metal detector e calamite, stanno setacciando le strade di Terno d’Isola, a partire da via Castegnate dove la notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi è stata uccisa Sharon Verzeni.
L’arma del delitto non è ancora stata recuperata e, visto quanto sta accadendo in queste ore in paese, è probabile che anche tutti i coltelli inviati ai carabinieri del Ris di Parma non sarebbero risultati compatibili con quello usato dall’assassino per ferire mortalmente la barista di 33 anni.
Dall’autopsia era infatti emerso che le coltellate erano state inferte in profondità e con una lama ‘importante’. Che, come l’assassino di Sharon, non è ancora stata ritrovata.
Così oggi alcune strade di Terno d’Isola sono state chiuse in base a un’ordinanza del sindaco Gianluca Sala proprio per consentire ai carabinieri di cercare l’arma – e anche qualsiasi altro elemento utile alle indagini – nei tombini, nelle siepi e nelle aiuole di via Castegnate e di diverse strade tutte intorno al punto in cui – all’altezza del civico 32 – Sharon è stata uccisa ormai più di un mese fa.
Il ‘Museo Recuperanti’ e il suo esperto Paolo Campanardi
Interessate alle ricerche anche le limitrofe vie Partigiani, Vignali, Primo Maggio, Casolini e Torre, tutte man mano chiuse temporaneamente dalla polizia locale di Terno.
In azione ci sono gli esperti del ‘Museo Recuperanti 1915-1918’ guidati da Paolo ‘Gibba’ Campanardi, personaggio noto al pubblico per essere il protagonista della serie ‘Metal Detective’ in onda su DMax: 38 anni, esperto in ricerche di ordigni bellici, Campanardi lavora per il Museo Recuperanti e vive proprio a Toscolano Maderno.
Da stamattina – ma proseguiranno anche domani – i volontari del ‘Mu.re’ stanno passando al setaccio uno a uno tombini, siepi, aiuole e parchi per capire se vi sia nascosta l’arma del delitto: lo fanno utilizzando appositi metal detector e magneti.
Campanardi fa anche parte di un ‘Gruppo Ricerca’ che da anni perlustra i fronti di guerra, fra trincee, fortificazioni e accampamenti, a caccia di oggetti che raccontano la vita al fronte e che poi vengono esposti sempre al Museo Recuperanti, uno dei punti di riferimento di livello internazionale in questo settore.
Denuncia per il sosia di Johnny Depp
Intanto oggi i carabinieri hanno fatto sapere di aver denunciato il sosia di Johnny Deep che sabato mattina si era presentato dai carabinieri sostenendo di aver conosciuto Sharon Verzeni qualche giorno prima del suo omicidio, mentre si trovava all’interno dell’esercizio pubblico dove la donna lavorava come cameriera, il ‘Vanilla Food’ di Brembate, e di aver avviato con lei uno scambio di messaggi per ragioni di lavoro tramite un noto social network.
Fabio Delmiglio, sosia cinquantenne che abita a Brembate Sopra, è stato denunciato per favoreggiamento personale. Si era presentato dai carabinieri sostenendo di avere informazioni che potevano essere utili alle indagini. Ma alla precisa domanda se si fosse inventato tutto, il sosia ha ammesso la falsità delle proprie dichiarazioni e che si era in effetti inventato tutto “nella speranza di un possibile ritorno pubblicitario connesso alle interviste che sarebbero derivate dalla sua convocazione e audizione in caserma”, come spiegato dai carabinieri in una nota.
Le parole di Sergio Ruocco, il compagno di Sharon
È nel frattempo tornato a parlare con i giornalisti anche Sergio Ruocco, il compagno di Sharon, che ha ribadito che “nessuno poteva volerle del male, probabilmente l’hanno scambiata per un’altra persona”. E ha aggiunto di aver ipotizzato che l’assassino possa anche essere un cliente del bar dove Sharon lavorava: un cliente “che può averle dato fastidio”, anche se “non mi aveva mai detto niente del genere e io non l’ho mai percepito”.
Un giallo ancora aperto
La ricerca dell’arma del delitto di Sharon Verzeni è un elemento cruciale per l’indagine. La sua ritrovamento potrebbe fornire indizi preziosi per identificare l’assassino e ricostruire la dinamica dell’omicidio. L’impegno dei carabinieri e dei volontari del ‘Museo Recuperanti’ dimostra la determinazione nel portare alla luce la verità su questo tragico evento. La speranza è che le ricerche possano portare a un rapido e positivo epilogo.