La disperazione di Ben Jelloun e la situazione in Medio Oriente
Tahar Ben Jelloun, lo scrittore marocchino premio Goncourt, si dice “in una fase di disperazione” per la situazione in Medio Oriente, che definisce “senza speranza”. In un’intervista all’ANSA, rilasciata durante le Giornate degli Autori al Lido di Venezia, Ben Jelloun ha espresso la sua profonda preoccupazione per il conflitto israelo-palestinese, convinto che la situazione sia inestricabile.
Lo scrittore ha espresso il suo rammarico per la continuazione dei bombardamenti di Gaza da parte di Israele e per le incursioni in Libano, affermando di essere sempre più convinto che Hamas abbia “aperto le porte della Palestina per autorizzare Israele a massacrare il popolo palestinese”. Nonostante ciò, Ben Jelloun ha riconosciuto la crescente attenzione internazionale alla questione della legittimità di uno stato palestinese, evidenziata dalle numerose manifestazioni in tutto il mondo.
“La questione della legittimità di uno stato palestinese è al centro dell’attenzione internazionale come mai nella storia”, ha affermato lo scrittore, esprimendo la sua “totale ammirazione” per la resistenza del popolo palestinese.
L’inutilità degli intellettuali e la guerra come unica realtà
Ben Jelloun ha espresso la sua convinzione che la guerra sia l’unica realtà in Medio Oriente, negando la possibilità di un intervento significativo da parte degli intellettuali. “Non c’è intellettuale che tenga in questa situazione di odio”, ha affermato, riconoscendo l’importanza del dialogo per la pace, ma sottolineando l’assenza di spazio per esso in un contesto di guerra.
Lo scrittore ha ammesso di sentirsi “totalmente” condizionato dal conflitto nel suo lavoro, sottolineando l’influenza che la situazione ha avuto sul suo nuovo romanzo, “Gli amanti di Casablanca”, in cui il protagonista, un pediatra sensibile alla causa palestinese, si reca ogni anno a curare i bambini di Gaza.
“Se non fosse stata nel mio cuore Gaza non gli avrei dato tanto spazio nel libro”, ha spiegato Ben Jelloun, evidenziando il suo costante coinvolgimento nella causa palestinese sin dall’inizio della sua carriera letteraria.
La disillusione di Ben Jelloun e la speranza nel popolo palestinese
Nonostante la sua profonda disillusione sulla possibilità di pace, Ben Jelloun ha affermato che l’unica cosa che lo sostiene è “l’ammirazione per il popolo palestinese che non vuole morire”. Lo scrittore ha ammesso di sentirsi “infastidito” dalle richieste dei media di intervenire sul tema, ma ha riconosciuto la sua responsabilità come cittadino impegnato.
“Non sono uno scrittore isolato nella propria stanchezza, mi sento un cittadino impegnato e non certo indifferente anzi piuttosto ossessionato da quello che succede”, ha affermato Ben Jelloun, evidenziando il suo forte coinvolgimento nella situazione.
Riguardo al futuro del conflitto, lo scrittore ha ammesso di non avere risposte, evidenziando la necessità di porre fine al ciclo di violenza e di interrompere il flusso di armi da parte di Stati Uniti e Regno Unito verso Israele.
“Se non si ferma questo ciclo che vede anche americani e inglesi come fornitori di armi per Israele, davvero non so. Forse Dio lo sa”, ha concluso Ben Jelloun, esprimendo la sua incertezza sul futuro del conflitto.
Il ruolo degli intellettuali in un contesto di conflitto
Le parole di Ben Jelloun sollevano un’importante riflessione sul ruolo degli intellettuali in un contesto di conflitto. La sua affermazione “Non c’è intellettuale che tenga” è un grido di dolore che evidenzia la difficoltà di intervenire in situazioni di guerra e odio. Tuttavia, è importante ricordare che la voce degli intellettuali può essere fondamentale per promuovere il dialogo e la comprensione, anche se la strada verso la pace è lunga e tortuosa.