Basaglia: un’eredità da riscoprire, non da idolatrare
A 100 anni dalla nascita di Franco Basaglia, un incontro a Trieste, nell’ambito di Scienze e virgola organizzato dalla Sissa, ha visto esperti e studiosi riflettere sul suo lascito. L’evento, intitolato “Raccontare Basaglia, 100 anni dopo”, ha evidenziato la necessità di non fermarsi a un’immagine statica e celebrativa del celebre psichiatra, ma di esplorare la sua complessità e le sue sfide, riconoscendo le influenze del suo contesto e le sue continue evoluzioni.
“Basaglia è diventato una sorta di santo riparatore, di monumento buono, bisogna invece staccarlo dal piedistallo, una posizione che non gli sarebbe piaciuto”, ha affermato lo psichiatra Mario Colucci, docente nel campo della salute mentale. Colucci ammonisce che “non bisogna monumentalizzarlo, e per farlo bisogna evidenziare i punti di frattura: Basaglia non è solo Trieste e Trieste non è solo Basaglia, ci sono stati anche Rotelli, Dell’Acqua”.
Colucci ha anche sottolineato l’importanza di non considerare Basaglia come una figura immobile: “Alle giovani generazioni di psichiatri consiglio di fare cultura per non fermarsi a pratiche stereotipate, anche se eseguite molto bene. Il nostro compito è speszare gli individualismi, non si può solo consegnare una teca di cristalli”.
Oltre Trieste: le influenze e le evoluzioni di Basaglia
Il filosofo e scrittore Pierangelo Di Vittorio ha condiviso un’opinione simile, sottolineando che le iniziative per il centenario, insieme con altri fattori, “restituiscono una immagine di Basaglia un po’ congelata”. Di Vittorio ha ricordato che Basaglia “era sensibile a mutamenti sistemici; negli Usa passa un periodo lungo come visiting professor in un mental health center, centro di salute mentale e capisce che stava succedendo qualcosa e inizia a delirare. Sono rotture che fa rispetto a se stesso, si lancia di nuovo nel buio”.
La giornalista Valentina Furlanetto ha invece evidenziato la figura di Franca Ongaro, che “ha accompagnato Basaglia nel suo pensiero, con lui, non un passo indietro”. Furlanetto ha inoltre sottolineato che “come la sanità, anche la psichiatria ha una geografia”, nel senso che non dovunque in Italia si viene curati allo stesso modo.
Un’eredità da custodire e da ripensare
L’incontro ha visto anche la partecipazione di Vanessa Roghi, storica e autrice culturale di programmi Rai. L’evento ha offerto una riflessione importante sull’eredità di Basaglia, invitando a non limitarsi a una celebrazione sterile, ma a interrogarsi su come il suo pensiero possa essere ancora oggi attuale e utile per affrontare le sfide della salute mentale.
L’appello è chiaro: Basaglia non è un’icona da venerare, ma un punto di riferimento per costruire un futuro più umano e inclusivo per la cura della salute mentale.
Un’eredità da custodire e da ripensare
La riflessione sull’eredità di Basaglia è fondamentale. La sua opera ha segnato un punto di svolta nella storia della psichiatria italiana, ma è importante non fermarsi a una visione idealizzata. La sua complessità, le sue evoluzioni e le sue sfide devono essere tenute in considerazione per non cadere nel rischio di una commemorazione sterile. È necessario guardare al futuro, interrogandosi su come il suo pensiero possa essere ancora oggi attuale e utile per affrontare le sfide della salute mentale.