Un incubo che non finisce
Una donna di 33 anni del Cremonese sta vivendo un incubo che sembra non avere fine. Dopo aver denunciato il suo ex convivente, un 53enne di origini turche e fotografo di professione, per atti persecutori e revenge porn, l’uomo è stato condannato a 2 anni di reclusione con il beneficio della condizionale. Dopo aver scontato cinque mesi di custodia cautelare nel carcere di Bergamo, l’uomo è stato scarcerato e, a poche ore dalla sentenza, ha ricominciato a perseguitare la sua ex. “Dopo cinque mesi di carcere e a sole cinque ore dalla sentenza di condanna è tornato libero e ha ricominciato a stalkerizzarmi. Un incubo, una ossessione”, ha raccontato la donna al ‘Corriere della sera’.
Un’ossessione che non conosce limiti
L’uomo ha ripreso a contattare la sua ex attraverso Instagram, creando profili falsi, contattando i suoi amici e persino creando una finta pagina di giornale per insultarla. La donna, disperata, ha cambiato due volte lavoro e città, ma l’uomo è riuscito a scoprirlo in poche ore. “Non mi sento tutelata”, ha detto la donna al ‘Corriere della sera’. “Sia prima che lo portassero in carcere, quando continuava a tartassarmi, che dopo, ha fatto di tutto per non lasciarmi andare. Sono andata dalla psichiatra, ho avuto vicino persone che mi hanno sostenuto, ma non è stata una passeggiata. E poi succede questo? A che cosa è servito?”.
La fragilità del sistema di protezione
La storia di questa donna mette in luce la fragilità del sistema di protezione per le vittime di stalking e revenge porn. Nonostante la condanna e il periodo di detenzione, l’uomo ha dimostrato di non avere intenzione di fermarsi. La donna si sente impotente e non tutelata, e la sua esperienza solleva interrogativi sul funzionamento del sistema giudiziario e sulla sua capacità di proteggere le vittime di violenza domestica.
Un problema sociale complesso
La storia di questa donna è un esempio concreto di un problema sociale complesso come lo stalking e il revenge porn. Questi reati hanno un impatto devastante sulle vittime, causando danni psicologici e sociali. La mancanza di tutela e la difficoltà nel far rispettare le misure di protezione mettono in discussione l’efficacia del sistema giudiziario e la capacità di garantire la sicurezza delle vittime.