Il fascino inquietante della natura
La natura, quando si manifesta in tutta la sua potenza e pericolosità, assume un fascino particolare. È così che le immagini di Stromboli, con la sua lingua di fuoco che si sprigiona dall’Etna, la lava che cola a mare e le fiamme che illuminano la notte, ci incantano e ci inquietano allo stesso tempo.
In questo contesto, Paolo Rumiz, scrittore e esploratore, ci accompagna in un viaggio alla scoperta del sottosuolo italiano, un viaggio che ci porta a interrogarci sul significato di questi sommovimenti della terra, questi brontolii e fiammeggiare sotterranei.
‘U Trenu’ e il lamento della terra
Nelle isole Eolie, quel brontolio sotterraneo, quel ‘suono sordo’ che ci fa sentire a contatto con la terra, viene chiamato ‘u trenu’. Ma non si tratta di un’evocazione di convogli ferroviari. ‘Trenos’, in greco, significa ‘lamento’, e quel suono è legato al vento che crea lamenti nei vuoti della terra, negli antri del Carso.
Rumiz ci ricorda come Strabone descrivesse la Sicilia come un luogo vuoto sottoterra, con fiumi di fuoco che, per Empedocle, altro non erano che gli inferi. Da qui l’idea di un Inferno fiammeggiante.
L’Etna, un dio benigno
L’Etna, con le sue eruzioni che hanno sputato lava su Catania fin dal 122 a.C., è un vulcano che ha sempre convivuto con la città. Rumiz ironizza sul pericolo che rappresenta: “Un pericolo l’Etna? Ma quando mai. È un dio benigno, rispetto alla fornace d’asfalto, la bestialità del traffico, il manicomio dei motorini, gli sguardi in cerca di rissa di molti, l’atteggiamento minatorio persino di certi camerieri nei ristoranti.”
Il Vesuvio e la ‘porosità’ di Napoli
Anche il Vesuvio, con la sua visione magmatica e la sua città che comunica con tutto, dall’alto al basso, dalla religione alla superstizione, affascina Rumiz. Questa ‘porosità’, come la definì Benjamin, si manifesta in un’esistenza che si nutre del sottosuolo, con un terreno rigoglioso che offre un materiale da costruzione straordinario.
Rumiz ci ricorda che, alla fine, “di qualcosa si deve pure morire”, e che il Vesuvio, con la sua bellezza e la sua fatalità, ci offre una prospettiva unica sul mondo.
Il sottosuolo e la storia
Il libro di Rumiz non è un’inchiesta, ma un tentativo di ricavare un’antropologia dal sottosuolo, di capire gli italiani anche dal loro rapporto con la terra, con il sacro che si manifesta attraverso gli elementi naturali.
Gli allarmi degli anni Settanta sui Campi Flegrei, che portarono allo sgombero di un’area e poi a una speculazione edilizia incontrollata, sono un esempio di come il rapporto con il sottosuolo influenzi la vita degli italiani. Lo stesso vale per i terremoti e le ricostruzioni, spesso non realizzate secondo le norme antisismiche.
Napoli, la cartina di tornasole
Per Rumiz, Napoli è il punto di riferimento principale per comprendere l’identità geologica nazionale. La città, con i suoi riti, le sue vite, il suo rapporto con la morte, i suoi intellettuali, scienziati e artisti, è la cartina di tornasole che rende visibile quell’identità.
Napoli, con la sua ‘pretesa’ razionale, ci invita a “calarsi nei pozzi” per comprenderla, a “saltare a pie’ pari” le nostre aspettative.
Un viaggio tra cultura e natura
Il libro di Rumiz ci conduce in un viaggio affascinante e inquietante alla scoperta del sottosuolo italiano, un viaggio che ci porta a interrogarci sul significato di questi sommovimenti della terra, questi brontolii e fiammeggiare sotterranei.
Rumiz ci invita a guardare oltre la superficie, a scoprire l’identità geologica nazionale, a comprendere come la natura e la cultura si intrecciano in un rapporto profondo e complesso.
L’importanza di un’antropologia del sottosuolo
Il libro di Paolo Rumiz ci invita a riflettere sull’importanza di un’antropologia del sottosuolo, di una comprensione profonda del rapporto tra gli italiani e la terra su cui vivono. Questa prospettiva ci aiuta a comprendere meglio la cultura, la storia e l’identità nazionale.