Un’eredità culturale senza paragoni
Nel 1868, appena unificata, l’Italia si ritrovò a possedere un patrimonio teatrale di dimensioni straordinarie. Un censimento su scala nazionale rivelò la presenza di ben 942 palcoscenici attivi, un numero che non trova riscontro in nessun altro paese europeo. Questo dato, emerso da un’indagine promossa dal governo dell’epoca, rappresenta un punto di partenza per comprendere il ruolo centrale che il teatro ha rivestito nella società italiana dell’Ottocento.
Secondo Carlotta Sorba, autrice del libro “Teatri. L’Italia del melodramma nell’età del risorgimento” e nuova curatrice di “La storia in piazza” a Palazzo Ducale di Genova, il numero elevato di teatri si spiega con la loro funzione di “luogo di aggregazione della comunità”. Il teatro, come sottolinea la Sorba, è “emanazione della società”, un riflesso delle sue dinamiche e delle sue aspirazioni. Se in passato era l’aristocrazia a promuovere la costruzione di teatri, nell’Ottocento è la borghesia a divenire il motore principale di questo processo, finanziando e sostenendo la nascita di nuovi palcoscenici.
Un’ulteriore peculiarità del sistema teatrale italiano di quell’epoca è la “gestione dei palchettisti”, un’invenzione tipicamente italiana che non trova riscontro in altri contesti. Questa forma di gestione, che prevedeva la vendita di abbonamenti per l’accesso ai palchi, contribuiva a creare un legame ancora più stretto tra la comunità e il teatro, rendendolo un luogo di incontro e di scambio culturale.
L’opera come industria culturale
Il teatro, e in particolare l’opera lirica, non era solo un luogo di intrattenimento, ma anche un importante motore economico e sociale. Maurizio Roi, direttore del Festival musicale di Lerici, sottolinea come l’opera fosse “la prima industria culturale italiana”, un dato che ancora oggi dovrebbe far riflettere sulle potenzialità del settore. I teatri, in gran parte municipali, rappresentavano un investimento per la comunità, un modo per promuovere la cultura e l’identità locale.
La gestione dei teatri d’opera, però, è sempre stata un processo complesso, soggetto a continui cambiamenti e riforme. Negli ultimi anni, si è aperto un dibattito sulla necessità di rivedere il sistema di governance delle Fondazioni liriche, con la proposta di aumentare il controllo governativo e ridurre il ruolo del sovrintendente. Roi, pur riconoscendo la necessità di un intervento, sottolinea l’importanza di preservare il ruolo centrale dei Comuni nella gestione dei teatri, perché questi devono continuare a essere “emanazione della comunità che ci vive intorno”.
Il sovrintendente, secondo Roi, è “una sorta di amministratore delegato che media fra visioni differenti”, un figura chiave nel processo di elaborazione e realizzazione della programmazione artistica. La sua funzione è quella di tradurre in pratica il progetto culturale della Fondazione, garantendo la coerenza tra le diverse esigenze e le diverse visioni. La gestione dei teatri d’opera è un compito delicato, che richiede una profonda conoscenza del territorio e delle sue esigenze, oltre a una visione strategica per il futuro.
Un futuro incerto
Nonostante le difficoltà del passato, le Fondazioni liriche italiane hanno saputo affrontare le sfide del periodo pandemico, migliorando i propri bilanci e adattandosi alle nuove esigenze del pubblico. Tuttavia, il rischio di scivolare nuovamente in una situazione di crisi è molto reale. La gestione dei teatri d’opera richiede un impegno costante e un investimento continuo, sia in termini economici che culturali. È necessario garantire la sostenibilità del sistema, preservando il ruolo centrale dei Comuni e delle comunità locali, e valorizzando il ruolo del sovrintendente come figura chiave nel processo di programmazione artistica.
Il futuro dei teatri d’opera italiani è legato alla capacità di adattarsi alle nuove sfide e di rispondere alle esigenze del pubblico. La sfida è quella di mantenere il legame con la tradizione, senza rinunciare all’innovazione e alla sperimentazione. Un compito che richiede una visione strategica e un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti, per garantire che i teatri d’opera italiani continuino a essere un punto di riferimento per la cultura e l’identità nazionale.
Un patrimonio da salvaguardare
Il censimento del 1868 ci ricorda l’importanza del teatro come luogo di aggregazione e di espressione culturale. La gestione di questo patrimonio richiede un approccio attento e sensibile, che tenga conto delle esigenze delle comunità locali e del ruolo fondamentale del sovrintendente. È importante che il teatro continui a essere un luogo aperto a tutti, che promuova la creatività e l’innovazione, e che contribuisca a costruire una società più coesa e inclusiva.