Un rallentamento avrebbe potuto evitare il disastro
“Disporre un rallentamento su quel tratto era l’unica cosa che, esclusa la sostituzione del giunto, avrebbe potuto prevenire con certezza l’incidente”. Lo ha affermato il pm di Milano Maura Ripamonti nella sua requisitoria del processo sul disastro ferroviario di Pioltello, nel quale il 25 gennaio del 2018 morirono tre persone e oltre duecento rimasero ferite. “Se un treno deraglia non a 140 chilometri all’ora, ma a 50 – ha aggiunto il pm -, allora quasi sicuramente non muore nessuno”.
Le omissioni per risparmiare
Secondo la Procura, il deragliamento fu causato dalla rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri in un punto con giunti in pessime condizioni. Il pm ha sottolineato che “non potendo sostituire tutti i giunti, si finisce per accettare il rischio che qualche giunto si rompa. O si interviene tempestivamente in continuazione oppure ogni tanto qualcosa si rompe. Intervenire ogni tanto costa meno”. Il processo, che oggi arriverà alla fase delle richieste di condanna, vede nove imputati, tra cui Rete ferroviaria italiana, l’ex ad Maurizio Gentile e altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rfi.
Un incidente causato da una serie di omissioni
Il pm ha accusato gli imputati di una lunga serie di “omissioni” nella “manutenzione” e nella “sicurezza”, messe in atto solo per risparmiare. Il deragliamento, secondo le indagini, è avvenuto a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto “punto zero” sopra un giunto in pessime condizioni.
Un sistema di sicurezza fragile
Il caso di Pioltello evidenzia la fragilità del sistema di sicurezza ferroviario italiano, dove la logica del risparmio sembra prevalere sulla sicurezza dei passeggeri. La decisione di non sostituire tutti i giunti, pur sapendo del rischio di rotture, dimostra una mancanza di attenzione verso la sicurezza e una priorità data al contenimento dei costi.